William Harvey, il genio inglese della Fisiologia ‘allevato’ in Italia

William Harvey, il genio inglese della Fisiologia ‘allevato’ in Italia

William Harvey (1Aprile 1578 – 3Giugno 1657)

William Harvey vide per la prima volta la luce del giorno l’1 aprile 1578 in una cittadina di pescatori di Folkstone. Suo padre era figlio di un agricoltore e proprietario terriero che in seguito si arricchì grazie al commercio. Egli godette fin da subito degli effetti benefici del Rinascimento. La maturità di Shakespeare coincise con la gioventù di Harvey. Tintoretto e Rembrandt riponevano allora tutte le loro anime nei loro magnifici dipinti. Galileo fu un contemporaneo dal quale Harvey imparò il movimento circolatorio dei pianeti e l’importanza della misurazione e della quantificazione.

Da ragazzo, Harvey acquisì il suo background conoscitivo nello studio dei  classici al King’s School di  Canterbury nel Kent. Successivamente si iscrisse al Gonville and Caius College di Cambridge, come “commoner”. Subito dopo divenne un allievo di una scuola di Mathew Parker. Dopo essere diventato “Bachelor of Arts” nel 1597, rimase altri due anni a Cambridge prima di trasferirsi a Padova.


William Harvey a Padova

Girolamo Fabrizi d’Acquapendente (Acquapendente, VT, 20maggio 1537 – Padova, 21maggio 1619)

A quel tempo, Padova era una delle principali università del continente. Essa si era sviluppata come una filiale dell’Università di Bologna, ma per più di due secoli si crogiolò al sole della fama della sua prestigiosa facoltà di medicina, specialmente per quanto riguarda la cattedra di anatomia. Al suo interno vi erano già stati degli uomini che avevano dato dei duri colpi al galenismo con la teoria della circolazione polmonare. Lì Harvey entrò a contatto con intellettuali come Gabriele Falloppio e Girolamo Fabrizi d’Acquapendente.

Harvey passò molti anni a Padova, dove ricevette il suo dottorato in fisica nel 1602. Quello stesso anno tornò in Inghilterra dove ricevette la laurea dottorale in medicina a Cambridge.

A Padova il giovane Harvey era stato uno dei più diligenti studenti di Fabrizi d’Acquapendente. In seguito Harvey riconobbe la grande influenza che questo uomo aveva avuto sul suo pensiero. Durante il suo incarico Fabrizi continuò a perpetuare la reputazione di Padova come grande scuola di anatomia. Era un’impresa difficile sostenere l’eredità di eminenti predecessori come Vesalio, Colombo, e Cesalpino, ma Fabrizi riuscì a compiere quest’opera in modo ammirevole. In relazione ad Harvey, probabilmente, il più importante contributo di Fabrizi fu la sua descrizione delle valvole delle vene. Egli non fu primo a mostrarne l’esistenza, dal momento che Vesalio già le conosceva, ascrivendone la scoperta a Canano. La cosa importante, come lo stesso Harvey disse a Robert Boyle, il famoso chimico,  fu che il lavoro di Fabrizi sulle valvole venose era stata la fonte del suo interesse verso le sfumature della circolazione.


il ritorno in inghilterra

il dott. William Harvey spiega la circolazione sanguigna al re Carlo I.

William Harvey iniziò a praticare il lavoro di medico a Londra. Sebbene io non voglia sminuirne le capacità, la sua posizione sociale e professionale furono certamente aiutate dal suo matrimonio con la figlia di Lancelot Browne, medico della regina Elisabetta e Giacomo I. In pochi anni egli fu eletto al Royal Collage of Physicians e nominato medico del St. Bartholomew’s Hospital dove rimase per trentasei anni. Negli anni successivi gli fu assegnato l’incarico di Professore Lumleiano (Lumleian lecturer), un onore che tenne per 41 anni. A tempo debito, divenne anche physician-in-ordinary di Carlo I. Questa ultima posizione gli portò sia benefici che svantaggi rispetto alle vicissitudini politiche ed la sua lealtà alla corona lo condusse alla posizione di “indesiderabile”.


lo scopritore della circolazione sanguigna

frontespizio del ‘De Motu Cordis’ di William Harvey (1628).

Durante l’ascesa della sua carriera Harvey s’interessò particolarmente alla ricerca ed allo studio del problema della circolazione. Sebbene avesse presentato per la prima volta i suoi concetti ad una lezione Lumleiana nel 1616, non fu prima del 1628 che si sentì talmente sicuro delle sue teorie da pubblicarne un libro (Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus). Le sue opinioni furono tratteggiate nell’introduzione del libro allorquando affermò che gli errori dovevano essere corretti dallo studio anatomico, attraverso una ripetuta sperimentazione ed un’attenta osservazione. Ciò provocò grandi controversie, specialmente tra i galenisti. Uno dei critici più duri fu l’anatomista parigino Jean Riolan il giovane (15febbraio 1577 – 19febbraio 1657), che fino al giorno della morte si rifiutò di ammettere gli errori di Galeno. Harvey si riferì ai suoi critici come “crack-brained” credendo che la maggior parte delle critiche erano dovute ad invidia piuttosto che ad un opposizione su basi scientifiche.


una natura contemplativa

William Harvey descrive il moto circolatorio del sangue (raffigurato da Paul Rainer)

William Harvey fu famoso per la sua natura contemplativa. Sembra che fosse sempre curioso riguardo ai fatti di anatomia, ed apprezzava particolarmente le relazioni tra la struttura e la funzione. Il suo libro De Insectis lo illustra in modo chiaro. Esso richiese molti anni per essere preparato, essendo basato su numerose dissezioni. Prima di diventare “Lumleian lecturer”, Harvey aveva già sezionato ed osservato più di ottanta specie di animali. Molti dei primi lavori di Harvey sono stati distrutti, privandoci di tante informazioni su suoi altri contributi. Harvey fu un fervente lealista e, durante la ribellione contro Charles I, egli rimase con il suo re e dovette patire la perdita di numerose proprietà e scritti. Quando suoi importanti lavori sull’anatomia comparativa furono distrutti dalle forze dei Puritani, egli commentò con tono rassegnato, tanto alieno al suo temperamento: “Spero che la gente mi scusi se, ripensando ai torti irreparabili che ho subito, dovessi mettermi a piangere”. Comunque, tempo dopo, egli riassunse le sue opinioni sull’embriologia e l’anatomia comparata in un libro intitolato Excercitationes de Generatione Animalium. Ciò accadde sei anni prima che morisse all’età di 79 anni.


L’uomo Harvey

Aubrey, che conobbe bene Harvey, racconta un’interessante e personalizzata biografia con rivelazioni curiose e stimolanti. Egli descrive come Harvey avesse una pessima calligrafia ed una scarsa padronanza del Latino. “The Circuitis Sanguinis fu, per quanto ne so io, tradotto in latino da sir George Ent”. Aubrey rivela anche come Harvey amasse trascorrere del tempo a contemplare al buio. Intorno alla sua casa nel Surrey c’erano delle grotte in cui entrava durante l’estate per meditare lontano dalle distrazioni del mondo esterno. Sebbene non fosse né un bigotto né un perfetto arrogante, egli era ancora “abituato a dire che l’uomo era un grande e vivace babbuino”. Le sue opinioni riguardo al gentil sesso non coinciderebbero con quelle delle moderne femministe. “Egli diceva che gli Europei non sapevano governare le proprie donne, mentre i Turchi erano il solo popolo che sapeva usarle saggiamente … Io ricordo che lui aveva una graziosa giovane donna che le faceva da domestica, della quale suppongo facesse uso per riscaldarsi come faceva re Daniele, e di cui si ricordò nelle sue volontà, come del resto si ricordò anche del suo cameriere”.

Aubrey lo descrive anche come “non alto, ma di bassa statura, con il viso rotondo, nel complesso olivastro; occhi piccoli, rotondi, neri, pieni di spirito; i suoi capelli erano nero corvini, ma piuttosto bianchi 20 anni prima che morisse”.

L’anatomia fu senza dubbio il suo forte, anche perché la sua abilità terapeutica lasciava molto a desiderare. Ancora, siamo debitori ad Aubrey di questa descrizione: “Nel corso della sua professione egli fu un celebre anatomista, ma non ho mai sentito di nessuno che lo ammirasse per le sue capacità terapeutiche. Ho conosciuto molti medici praticanti a Londra che non avrebbero speso una sterlina per il suo onorario; egli non conosceva sufficientemente la chimica ed era solito parlare con disprezzo verso costoro.”

Per buona parte della sua vita adulta, Harvey soffrì di gotta. Il suo metodo per ottenere sollievo durante un episodio acuto, era abbastanza unico. Egli metteva le sue gambe in un secchio di acqua fredda fino a “quasi morire congelato e dopo le metteva su una stufa”. Si è detto in modo errato che Harvey morì per un overdose di oppio, preso per un episodio particolarmente doloroso. La verità è che egli subì uno stroke e concluse così i suoi giorni. Aubrey partecipò al suo funerale e diede una mano alla sepoltura. Il Royal College of Physicians rimosse i suoi resti dalla tomba di famiglia nel 1883. Oggi questi giacciono in un grande sarcofago nella chiesa di Hempstead, in Essex. L’epitaffio recita:

 

I Resti di William Harvey

Scopritore della Circolazione del Sangue

Furono Rispettosamente Posti in questo Sarcofago dal

Collegio Reale dei Medici di Londra

Nell’Anno 1883.

 


il de motu cordis

Il suo “De Motu Cordis” è composto di diciassette capitoli. Le ragioni per cui scrisse il libro sono sottolineati nel Capitolo 1 che ha per titolo “Motivi dell’Opera”:

Quando mi sono occupato per la prima volta della vivisezione, come strumento per imparare a conoscere i movimenti e le caratteristiche del cuore, e cercai di scoprirli attraverso ispezioni dal vivo, e non dagli scritti degli altri, ho trovato il compito tanto arduo, così pieno di difficoltà, che ero quasi tentato di pensare, come dice Fracastoro, che il movimento del cuore poteva essere compreso solo da Dio. Inizialmente non riuscivo ad afferrare bene né quando avvenivano la sistole e la diastole, né quando e dove si avevano la dilatazione e la contrazione, a causa della rapidità del movimento, che in molti animali si realizza nel tempo di un battito di ciglia, che viene e va come il lampo di un fulmine; cosicché la sistole si presentava a me ora da questo punto, ora da quell’altro; lo stesso discorso per la diastole; e dunque ogni cosa era capovolta, con i movimenti che sembravano essere vari e molto confusi. La mia mente era perciò turbata, da una parta non sapevo cosa avrei potuto concludere con i miei mezzi, dall’altra non credevo alle parole degli altri autori. Non mi sorprendeva affatto che Andrea Laurenti avesse potuto affermare che il movimento del cuore era altrettanto sorprendente del flusso e riflusso dell’Euripo così come era apparso ad Aristotele.

Alla lunga, usando una grande e costante diligenza, con il continuo ricorso alla vivisezione, utilizzando molte specie di animali per tale scopo, e raccogliendo numerose osservazioni, pensai di dover raggiungere la verità, di districarmi e sfuggire da tale labirinto e scoprire ciò che più desideravo, il movimento e le caratteristiche del cuore e delle arterie; nel frattempo non avevo esitato ad esporre le mie opinioni su questi argomenti, non solo in privato davanti ai miei amici, ma anche in pubblico, nelle mie lezioni di anatomia, secondo lo stile dei vecchi accademici.

Tali opinioni, come al solito, ad alcuni piacquero molto, e ad altri di meno; qualcuno brontolò e mi calunniò, accusandomi di aver osato sfidare i precetti e l’opinione di tutti gli anatomisti; qualcun altro desiderava ulteriori spiegazioni sulle novità, dicendo che queste erano cose degne di considerazione, e che potevano fornire qualche utile segnale. Alla fine, ascoltando le richieste dei miei amici, ed in parte mosso dall’invidia di altri che, ricevendo le mie tesi con menti non sincere, hanno richiesto di tradurle pubblicamente, sono stato costretto a pubblicare queste mie cose in modo tale da rendere possibile un opinione su di me ed i miei lavori. Questo passo è stato intrapreso in maniera volenterosa dopo aver visto che Geronimo Fabrizi d’Acquapendente, sebbene avesse descritto in maniera accurata e dotta quasi ogni parte degli animali, aveva tralasciato soltanto il cuore. Alla fine, se anche non dovesse provenire dal mio lavoro nessun beneficio spero mi sia concesso di poter affermare di non aver vissuto in maniera pigra e, come dice il vecchio nella commedia:

Ancora nessuno ha raggiunto

Tale perfezione, ma quel tempo e posto

Ed uso, hanno aggiunto qualcosa alla sua conoscenza;

O hanno reso possibile una correzione, o lo hanno ammonito,

Che ciò di cui egli era ignorante è molto di più di quanto

Credeva di sapere; o lo hanno portato a ricredersi su

Quello che egli una volta stimava avere un grande valore.

 

Così, forse, si scoprirà qualcosa riguardo al cuore; od altri, alla fine, partendo da questo punto, avendo la via indicata, avanzando sotto la guida di un genio più felice, procederanno in maniera più fortunata e con risultati più accurati.

 


I PRINCIPI GENERALI DELLA CIRCOLAZIONE

Egli arrivò alla formulazione dei principi generali della circolazione in modo veramente scientifico. I suoi esperimenti furono semplici ma ben progettati e condotti con criterio. Il tempo passato a  Padova gli fornì la possibilità di conoscere gli insegnamenti di Galileo cosicché nel corso dei suoi studi ne applicò il metodo geometrico. Esso era in forma di una triade consistente in: 1) analisi di un fenomeno per determinare il principio coinvolto, 2) deduzione delle sue conseguenze e 3) test attraverso un ulteriore esperimento. 

Dopo un’attenta analisi delle sue innumerevoli osservazioni, egli propose il seguente schema della circolazione:

Si è mostrato con l’uso della ragione e dell’esperimento che il  sangue attraverso il calore dei ventricoli scorre attraverso i  polmoni ed il cuore e quindi viene pompato a tutto il corpo. Lì passa attraverso i pori della carne nelle vene attraverso le quali ritorna dalla periferia al centro, da vene più piccole a quelle più grandi, per arrivare alla fine alla vena cava e al ventricolo destro. Ciò succede in una  tale quantità, con un flusso nelle arterie ed un deflusso nelle vene, da non poter essere fornita dal cibo consumato. Questo è molto più di quanto è necessario alla nutrizione. Si deve perciò concludere che il sangue nel corpo muove in continuazione intorno al un circolo, e che l’azione o la funzione del cuore è di permettere che ciò possa accadere attraverso il suo pompare. Questa è la sola ragione del movimento e del battito cardiaco.

 


DALLE DISSEZIONI UNA GRANDE CONOSCENZA

“William Harvey che disseziona il corpo di Thomas Parr.” Dipinto a olio, 1900, circa. Si raccontava che il vecchio Thomas Parr visse 152 anni (1483-1635).

Riguardo alla circolazione polmonare, le dissezioni lo condussero a concludere che la sola via possibile per il sangue di entrare nella vena polmonare fosse attraverso i polmoni. Dal momento che Harvey non conosceva l’esistenza dei capillari egli pensava che il sangue fosse spinto attraverso i pori della sostanza polmonare dall’azione di forza dei polmoni. Egli sapeva che c’era una comunicazione tra le arterie e le vene polmonari simile alla circolazione periferica ma non sapeva che il collegamento anatomico avveniva attraverso i capillari. Si dovette aspettare l’arrivo di Malpighi e del microscopio. Harvey confidò su esperimenti di perfusione per dimostrare tale comunicazione. Per lui, i polmoni funzionavano come un sistema di filtraggio del sangue venoso che giungeva dal ventricolo destro. Sulla possibile presenza dei pori del setto interventricolare sostenuta dai Galeno, egli fu piuttosto veemente nello scrivere:

“Maledizione, tali pori né esistono né possono essere dimostrati”.

La base fisiologica del passaggio di sangue attraverso i polmoni ancora gli sfuggiva. Egli credeva ancora a Galeno quando scrisse che “il sangue caldo è trasportato verso ed attraverso i polmoni per essere temperato dall’aria inspirata e per essere liberato dell’eccessivo ribollimento”. Egli in seguito modificò in qualche modo queste opinioni scrivendo nelle sue Exercitationes de Generatione Animalium:

“Riguardo alla natura dell’aria, io penso che si debba ammettere che l’aria è data agli animali né per il raffreddamento né come nutrimento”.


HARVEY, UN INNOVATORE PER NIENTE SPIRITOSO

Quattro anni prima della pubblicazione di questo libro, egli aveva già rotto con la dottrina del pneuma. Nella sua seconda disquisizione con Riolano aveva scritto:

Persone di limitata informazione, quando queste sono in imbarazzo nell’assegnare una causa a qualcosa, replicano spesso dicendo che questo è fatto di spiriti. Alcuni parlano di spiriti corporei, altri di spiriti incorporei; e coloro che sostengono che gli spiriti corporei troveranno nel sangue, o nella porzione più fine del sangue, il punto di unione con l’anima, essendo lo spirito contenuto nel sangue come la fiamma nel fumo di una lampada o candela, sostengono anche che questi sono tenuti mischiati assieme dall’incessante movimento del fluido … Dunque, non c’è niente di più incerto e discutibile della dottrina degli spiriti…

 


LA CIRCOLAZIONE, PER FORZA

Harvey provò matematicamente che era impossibile per il sangue del corpo fare ogni cosa senza circolare. Questo fu quanto ebbe a dire a riguardo:

Assumiamo, arbitrariamente o per esperimento, che la quantità di sangue che il ventricolo sinistro del cuore possa contenere quando è disteso sia, per così dire, due once, tre once o un’oncia e mezzo … Assumiamo inoltre che il cuore possa contenere meno sangue durante la contrazione che durante la dilatazione; e che del sangue venga spinto nell’aorta dopo ogni contrazione … e supponiamo, per avvicinarci alla realtà, che la quarta, la quinta, la sesta, ma anche l’ottava parte del suo carico entri nell’arteria dopo ogni contrazione; ciò comporterà che mezza oncia, o tre dracme, o una dracma di sangue venga sospinta dal cuore in aorta ad ogni pulsazione … Ora, nel corso di una mezz’ora il cuore avrà fatto più di mille battiti … Moltiplicando il numero di dracme sospinte per il numero di pulsazioni, noi avremo 500 once, o 3000 dracme, o una certa quantità proporzionale di sangue, a seconda della quantità che noi assumiamo come sospinta per ciascun battito del cuore … in ogni caso una quantità maggiore di quella contenuta nell’intero sangue.


IL CUORE, IL NUOVO SOLE DELLA CIRCOLAZIONE

Harvey rivide e riformulò il vecchio schema della circolazione splancnica. Sebbene, nel far ciò, aderisse ancora ai concetti galenici del calore innato prodotto dal cuore e delle tre forme di pneuma (animale, vitale e naturale), egli pose il cuore al centro del sistema vascolare al posto del fegato.

“Proprio come il re è la prima e più alta autorità dello stato, così il cuore governa l’intero corpo!”

Per quanto concerne la circolazione cerebrale, egli utilizzò la sua grandezza per negare la nozione che la funzione del ventricolo destro fosse quella di nutrire i polmoni.

“È incongruo sostenere che i polmoni necessitino di una così grande quantità di alimento per il loro nutrimento, consegnato in modo pulsatile, che è contemporaneamente anche più puro e ricco di spirito (essendo fornito direttamente  dai ventricoli del cuore). Per loro non può essere necessaria una sostanza molto più pura di quella del cervello.”


LA TERZA CIRCOLAZIONE

Harvey era anche a conoscenza del ruolo della circolazione coronarica. Alle obiezioni di Riolano sull’esistenza di un sistema circolatorio in due parti (polmonare e sistemica) Harvey rispose nel De Circulatione Sanguinis:

È possibile aggiungerne anche una terza e più piccola circolazione. Infatti dal ventricolo sinistro al destro si dirige una porzione di sangue attraverso le arterie e le vene coronariche, che si dispongono con le loro piccole branche nel corpo, nelle pareti e nel setto del cuore.

E dopo,

per quale motivo dovrebbero pulsare le arterie coronariche del cuore se non per condurre sangue ad ogni impulso? E perché dovrebbero le vene coronariche accettare di acquisire sangue dal cuore? Aggiungi inoltre che una valvola si trova molto spesso all’apertura della vena coronarica impedendo l’ingresso di sangue al suo interno e favorendone l’egresso. Così una terza circolazione deve essere sicuramente ammessa da chi ammette una circolazione generale che passa sia per i polmoni che per il cervello.


OSSERVAZIONI SULLA CIRCOLAZIONE

Celeberrima dimostrazione sulla circolazione periferica del ritorno del sangue venoso al cuore illustrate nel ‘De Motu Cordis’ di William Harvey. Spiegazione nel testo.

Infine, il suo intero schema della circolazione fu rafforzato da una serie di osservazioni che utilizzavano la semplice tecnica della ligatura e la dimostrazione che le valvole delle vene funzionavano in modo unidirezionale impedendo il ritorno del sangue da dove era venuto. Egli notò che il cuore diventava violaceo e dilatato quando l’aorta veniva compressa con una stretta ligatura e rimaneva in questo stato fino a quando la ligatura non veniva rilasciata. Una ligatura stretta del braccio poteva obliterarne il polso a valle, ed allo stesso tempo raffreddare la mano. Queste due manovre sono una testimonianza della semplicità e raffinatezza dei suoi esperimenti. Non furono necessarie grosse sovvenzioni governative né vi fu una scarsa fiducia nelle osservazioni a causa dell’assenza di moderni strumenti tecnologici. L’impatto semplice ed il brillante approccio di Harvey si possono apprezzare ancora meglio leggendo attentamente i pochi paragrafi dedicati a come il sangue trovi la sua via per il cuore. Ciò si trova nel Capitolo XIII:

Dunque, prima abbiamo parlato della quantità di sangue che passa attraverso il cuore ed i polmoni nella  parte centrale del corpo, e come dalle arterie passa nelle vene nelle parti periferiche del corpo.

Dobbiamo spiegare in quale modo il sangue torna indietro al cuore dalle estremità attraverso le vene, e come e perché queste sono i soli vasi che trasportano il sangue dalla periferia al centro del corpo; quindi, io penso che le tre proposizioni fondamentali indicate per la circolazione del sangue dimostreranno di essere semplici, fondate e naturalmente vere in modo tale da richiedere di ottenere il consenso generale. Ora, la posizione rimanente sarà resa sufficientemente chiara dalle valvole che si trovano nelle cavità delle stesse vene, e sono state identificate attraverso degli esperimenti.

Il celebrato Geronimo Fabrizi d’Acquapendente, abilissimo anatomista ed uomo venerabile e, come Riolano saprà, Jacobus Sylvius, diedero le prime rappresentazioni delle valvole nelle vene, le quali consistono di porzioni sollevate o libere delle membrane interne di tali vasi, di estrema delicatezza e con una forma sigmoide o semilunare. Queste sono situate a diversa distanza l’una dall’altra ed in maniera diversa in differenti individui; queste sono connaturate alle parti delle vene; sono dirette verso l’alto o verso il tronco venoso; per la maggior parte sono insieme a due a due e sono così pronte ad entrare in contatto con i loro margini liberi che, se qualcosa tenta di passare dal tronco alle branche delle vene o dai grandi vasi a quelli piccoli, queste lo impediscono; esse sono formate in maniera tale che le corna dei lembi siano opposte alle convessità dei lembi che le stanno di fronte, e così in modo alternato.

Lo scopritore di tali valvole non ne comprese bene le loro caratteristiche, né i successivi anatomisti aggiunsero qualcosa alla nostra conoscenza: la loro funzione è ben lungi dall’essere spiegata allorchè ci viene detto che questa consiste nell’impedire al sangue, con il loro peso, di scorrere nelle parti inferiori; i margini liberi delle valvole delle vene giugulari pendono verso il basso e sono disposte in maniera tale da impedire al sangue di salire verso l’alto; le valvole, in una parola, non sono disposte invariabilmente verso l’alto, ma verso la sede del cuore. Io ed altri abbiamo trovato talvolta delle valvole nelle vene emulgenti ed in quelle mesenteriche i cui margini liberi erano diretti verso la vena cava e la vena porta. Aggiungiamo che non ci sono valvole nelle arterie [salvo che alle loro origini], e che i cani, i buoi, ecc., hanno invariabilmente delle valvole nel punto di divisione delle loro vene crurali, nelle vene che si incontrano al vertice del sacro, ed in quelle branche che provengono dalle anche, in cui è non stato notato nessun effetto della gravità dovuto alla posizione eretta. Né vi sono delle valvole nelle vene giugulari con lo scopo di proteggere dall’apoplessia, così come sostenuto da qualcuno; poiché nel sonno la testa è più atta ad essere influenzata dai contenuti delle arterie carotidi. Né vi sono valvole con lo scopo di trattenere il sangue nelle divaricazioni dei tronchi più piccoli e nelle branche più minute o con lo scopo di non risentire delle conseguenze del flusso presente nei canali più aperti e spaziosi; attraverso questi avviene dove non ci sono divaricazioni; sebbene si deve ammettere che questi sono più frequenti nei punti in cui le branche si uniscono. Queste non esistono nemmeno allo scopo di rendere la corrente sanguigna più lenta rispetto al centro del corpo, visto che sembra verosimile che il sangue si dispone al flusso con sufficiente lentezza di per sé, come quando passa da vasi grandi a quelli più piccoli, essendo separato dalla massa e dalla sorgente e muovendosi dalle sedi più calde a quelle più fredde.

Ma le valvole sono fatte ed istituite solamente per evitare che il sangue passi dalle vene più grandi a quelle più piccole causandone la rottura o delle varicosità; per evitare, anziché il sangue avanzi dalle parti estreme a quelle centrali del corpo, che il sangue possa procedere lungo le vene dal centro alle estremità; le valvole delicate, mentre si aprono prontamente nella giusta direzione, impediscono per intero il movimento contrario, essendo situate e disposte in modo tale che, se qualcosa scappa o viene ostruito in maniera meno perfetta dalle corna delle valvole superiori, il fluido che passa tra le fessure delle corna venga subito ricevuto dalla convessità della valvola sottostante, che è posizionata trasversalmente rispetto alla precedente per impedire al sangue di tornare ulteriormente indietro.

E questo io ho frequentemente sperimentato nelle mie dissezioni delle vene: se tentavo di far passare una sonda dal tronco delle vene in una branca più piccola, qualunque cura avessi, scoprivo che era impossibile introdurla in profondità proprio per la presenza delle valvole; mentre, al contrario, era molto più facile spingerla in direzione contraria, dall’esterno all’interno o dalle branche verso i tronchi e le radici. In molti posti le valvole erano disposte in maniera tale da essere unite per il contatto dei loro margini nel centro delle vene ed in maniera talmente accurata che né con l’occhio né con altri strumenti ispettivi era possibile percepire la sottile fessura che correva lungo la linea di contatto. Ma se la sonda veniva introdotta dall’esterno verso le parti più centrali, le valvole, come le chiuse di un fiume, cedevano il passo e si aprivano prontamente. L’effetto di questa disposizione è semplicemente quello di impedire tutto il movimento del sangue dal cuore e dalla vena cava, sia che venga diretto in alto verso la testa, sia che venga diretto in basso verso i piedi o verso le braccia, senza farne passare neanche una goccia; tutto il movimento del sangue, che inizia nelle vene più grandi e tende verso quello più piccole, trova opposizione e resistenza in queste valvole; invece, tutto il movimento che procede dalle vene più piccole per concludersi nelle branche più grandi è favorito da un passaggio libero ed aperto.

Ma affinché questa verità appaia ancora più apparente, leghiamo con un laccio un braccio al disopra del gomito come si fa per la flebotomia (A,A Figura 1) [Vedere Figura  in cui sono rappresentate le figure 1-4 del capitolo in questione]. Ad intervalli nel corso delle vene, specialmente nelle persone che lavorano ed in quelle con grandi vene, si possono percepire certi nodi o rilievi (B,C,D,E,F), non solo laddove si trova una branca ricevente (E,F), ma anche dove non ve n’è nessuna (C,D): Questi nodi o rilievi sono tutti formati da valvole, che in questo modo si mostrano all’esterno. Ed ora si comprima il sangue sullo spazio sopra una valvola, dalla H alla O (Figura 2), tenendo un dito sulla vena in posizione inferiore, e si vedrà che non vi è flusso di sangue dal di sopra, mentre la porzione di vena tra il punto di pressione del dito e la valvola O sarà obliterata; inoltre il vaso continuerà ad essere sufficientemente disteso sopra la valvola (O,G). Con la compressione e lo svuotamento della vena, se si applica un dito dell’altra mano sulla parte distesa della vena sopra la valvola O (Figura 3) e si preme verso il basso, si scoprirà che non si può forzare il sangue a passare attraverso la valvola; ma anche se si applica una forza maggiore si vedrà solo che la porzione di vena che si trova tra il dito e la valvola diventa più distesa, mentre la porzione di vena che si trova inferiormente rispetto alla valvola continua a rimanere vuota (H,O, Figura 3).

Sembra, dunque, che la funzione delle valvole nelle vene è la stessa di quella delle tre valvole sigmoide che si trovano nella radice dell’aorta e nell’arteria polmonare, e cioè impedire il riflusso di sangue.

Inoltre, mentre il braccio continua a rimanere legato e le vene appaiono piene e distese, se si preme su una parte il corso di una vena con un dito (L, Figura 4), e con un altro dito si traccia il percorso della via venosa verso l’altro oltre la valvola successiva (N), si percepirà che tale porzione di vena continua a rimanere vuota (L N), e che il sangue non può tornare indietro, precisamente come abbiamo già visto nel caso della Figura 2; ma se si rimuove il dito applicato per primo (H in Figura 2 e L in Figura 4), immediatamente la vene si riempie dal basso ed l’avambraccio si presenta così come appare da D a C nella Figura 1. Che il sangue nelle vene proceda dalle parti inferiori o più remote verso quelle superiori e il cuore e non nella direzione contraria appare sempre più chiaro. E sebbene in alcune sedi le valvole, laddove non agiscono in maniera perfetta e dove c’è una singola valvola, non sembrano impedire del tutto il passaggio del sangue dal centro, comunque la maggior parte di loro svolge questa azione; e dunque, dove le cose sembrano programmate in maniera più negligente, questa manchevolezza è compensata dalla maggior presenza o da una più perfetta azione delle valvole successive: le vene, in breve, sono condotti liberi ed aperti che conducono il sangue verso il cuore e non sono dei canali che distribuiscono il sangue dal cuore.

Ma è stata notata anche un’altra circostanza: Dopo aver legato il braccio con un laccio e fatte diventare le vene turgide e le valvole prominenti, come prima, si applichi il pollice o un dito sulla vena in modo da comprimerne una valvola ed impedire al sangue di salire verso l’alto dalla mano; successivamente, con un dito dell’altra mano, si strisci il sangue nella vena verso l’alto fino a farlo passare nella valvola successiva in modo tale da far svuotare la vena; se si rimuove il dito per un istante la vena si riempirà immediatamente dal basso; se si applica nuovamente il dito e lo si muove nella stessa maniera strisciando il sangue verso l’alto ed ancora si rimuove il dito si noterà ancora un’altra volta che il vaso ridiventa disteso; ora si ripeta questo gesto, in un breve arco di tempo, per circa un migliaio di volte. Se si calcola la quantità di sangue che viene spremuto oltre la valvola e la si moltiplica per la quantità di volte del gesto assunta nel numero di un migliaio, si può capire quanto sangue passi in una certa porzione del vaso; ora io credo che ognuno si potrà convincere da sé della circolazione del sangue e del   suo rapido movimento. Ma se si dice che con questo esperimento si fa una violenza alla natura, io non ho dubbi che, se si procede nella stessa maniera, solo presupponendo quanta resistenza abbia una vena e si annota con quanta rapidità il sangue scorre verso l’alto e riempie il vaso dal basso, si arriverà alla stessa conclusione.


Riferimenti:

 

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