vincenzo Tiberio, l’italiano che scoprì il potere curativo delle muffe 35 anni prima di alexander Fleming
“L’acqua del pozzo di casa Graniero, in Arzano, era abitualmente potabile, ma, allorquando si provvedeva alla ripulitura delle pareti con asportazione delle muffe verdeggianti, il bere quell’acqua provocava negli utilizzatori enterocoliti”.
[OSSERVAZIONE DI V. TIBERIO DEL 1892 “Ann. Igiene Sperim.” del 1895]
Vera rivoluzione per la medicina mondiale fu la creazione della Penicillina.
Praticamente tutti sanno che questa si deve al medico inglese Alexander Fleming che, nel 1929, scoprì casualmente il potere battericida del fungo “Penicillium“.
Ma Il maggiore medico Vincenzo Tiberio, 35 anni prima di Fleming aveva già acutamente osservato il potere antibiotico delle muffe, l’aveva studiato e sperimentato pubblicando i risultati su un’importante rivista scientifica. Come spesso accaduto per i geni italiani, la sua scoperta rimase all’epoca del tutto ignorata.
Due anni dopo l’attribuzione del Premio Nobel per la medicina ad Alexander Fleming, il tenente colonnello Giuseppe Pezzi, scovò in biblioteca il lungimirante scritto del Dott. Vincenzo Tiberio, ormai da tempo defunto.
un pozzo di scienza
Il dottore era nato nel 1869 a Sepino, in provincia di Campobasso, da una agiata famiglia notabilare. Iscrittosi alla facoltà di Medicina presso l’Università di Napoli, il giovane Vincenzo andò ospite dallo zio, ad Arzano, nei pressi del capoluogo campano. Nel cortile di questa casa vi era un pozzo dove veniva raccolta l’acqua piovana che era utilizzata, per bere, dai contadini. A causa delle particolari condizioni di umidità, la cisterna veniva spesso invasa da muffe verdastre – poco gradevoli a vedersi – e doveva essere periodicamente ripulita. Tiberio notò che, per qualche strano motivo, non appena avveniva la ripulitura del pozzo, le persone che ne bevevano l’acqua si ammalavano di gastroenteriti.
la sperimentazione di vincenzo tiberio
Le stesse persone, invece, guarivano non appena la cisterna veniva nuovamente invasa dalle muffe. Egli prelevò alcuni campioni di muffa e scoprì che alcuni Ifomiceti (muffe) liberavano sostanze capaci d’inibire lo sviluppo dei batteri, nonché di attivare la risposta chemiotattica (lo spostamento dei patogeni) nell’organismo infetto. Tiberio non si limitò a registrare il dato biologico, ma passò decisamente alla sperimentazione.
Prima ottenne dei risultati in vitro e, successivamente, dopo aver individuato il terreno di coltura adatto, estrasse un siero concentrato e lo iniettò in alcuni topi da laboratorio, che erano stati da lui precedentemente infettati. I roditori guarirono, riferì Tiberio. Mancava, a questo punto, solo la sperimentazione sull’uomo e la messa in produzione dell’antibiotico. Entusiasta, Tiberio comunicò la relazione sulle sue ricerche in facoltà, ma riscosse uno scarso interesse.
SUGLI ESTRATTI DI ALCUNE MUFFE
Solo nel 1895, dopo la laurea, poté finalmente pubblicare negli «Annali di Igiene sperimentale» (una delle più importanti riviste scientifiche dell’epoca) la sua ricerca in un saggio dal titolo «Sugli estratti di alcune muffe».
Ecco quanto scriveva:
«Ho voluto osservare quale azione hanno sugli Schizomiceti i prodotti cellulari, solubili in acqua, di alcuni Ifomiceti comunissimi: Penicillium glaucum, Mucor mucedo ed Aspergillus flavescens. […] Per le loro proprietà le muffe sarebbero di forte ostacolo alla vita e alla propagazione dei batteri patogeni».
un genio incompreso
Anche dopo la pubblicazione, nessuno degnò di attenzione questa sensazionale scoperta, nemmeno il suo nuovo professore che, con tipico atteggiamento da «barone» universitario, non amava le persone che lo potessero mettere in ombra.
Vincenzo Tiberio, amareggiato e deluso, abbandonò l’Università: partecipò al concorso per medico nel Corpo sanitario marittimo e lo vinse. Si arruolò, così, nella Marina militare allontanandosi definitivamente dalla carriera accademica.
Nel 1905 sposò la cugina, Amalia Teresa Graniero, che fin dall’inizio aveva ricambiato il suo amore e da cui ebbe tre figlie.
Dopo una lunga carriera in Marina, tornò in Italia nel gennaio del 1914 e fu nominato Direttore del Gabinetto di Batteriologia e Igiene dell’Ospedale Militare Marittimo di Venezia.
In questa nuova veste avrebbe potuto riprendere i suoi studi sul potere antibiotico delle muffe; ma così non accadde, Il dott. Vincenzo Tiberio morì di morte improvvisa, verosimilmente un infarto del miocardio, all’età di soli 45 anni.
tratto da:
- http://www.lastampa.it/2017/09/20/scienza/benessere/sicuri-che-i-meriti-siano-tutti-di-fleming-la-storia-di-tiberio-il-molisano-che-scopr-la-penicillina-HCshaj77z0sOp6mVFIigHK/pagina.html
- https://it.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_Tiberio
- https://docplayer.it/23326190-Italo-covelli-causalita-e-casualita-nella-scoperta-della-penicillina.html
- https://www.microbiologiaitalia.it/guru-della-microbiologia/primo-nella-scienza-postumo-nella-fama/
- “Amicorum sanitatis liber: profili biografici dei più illustri medici …” di Francesco Montanaro
- https://ijphjournal.it/article/view/5688/5424
Sarebbe giusto ed opportuno dare risalto a questa straordinaria scoperta, opera di uno scienziato italiano, frutto di una geniale osservazione e documentata dalla pubblicazione su una delle riviste scientifiche più accreditate. L’ osservazione, l’ intuizione, la dimostrazione e non il caso portarono alla scoperta della Penicillina.
[…] Vincenzo Tiberio e la scoperta della penicillina […]