UN GRANDE DELL’ONCOLOGIA ITALIANA: GIANNI BONADONNA
Nel 1963, un oncologo di trentatrè anni del NCI (National Cancer Institute), Paul Carbone, aveva avviato un trial per capire se la chemioterapia poteva essere efficace quando veniva somministrata a donne che avevano avuto un tumore primario e allo stadio iniziale asportato completamente con la chirurgia.
Per descrivere questa forma di trattamento, Carbone e la sua equipe usarono il termine “terapia adiuvante”, dal latino “aiutare”. La chemioterapia adiuvante, secondo Carbone poteva essere il piccolo aiutante del chirurgo. Avrebbe sradicato i focolai microscopici di cellule tumorali lasciati indietro dalla chirurgia, eliminando così ogni altro focolaio di malignità nel corpo.
chirurgia e chemioterapia
Ai chirurghi però non interessava ricevere aiuto da chicchessia – meno che mai dai chemioterapisti; e visto che i chirurghi dominavano ancora ampiamente l’ambito del tumore al seno, Carbone non poteva avviare un trial più ampio perché a stento riusciva ad arruolare qualche paziente.
In suo soccorso arrivò una squadra di ricercatori italiani. Nel 1972, l’oncologo Gianni Bonadonna (1934-2015) arrivò a Bethesda per visitare il NCI. Bonadonna lavorava in un grande centro a Milano, l’Istituto Tumori, dove era in intima amicizia con il primario, Umberto Veronesi.
Veronesi e Bonadonna
Convinti da Carbone, Veronesi e Bonadonna, l’unica coppia chirurgo-chemioterapista che sembrava rivolgersi la parola, proposero un vasto trial randomizzato per studiare gli effetti della chemioterapia adiuvante su un cancro allo stadio iniziale. L’NCI affidò loro immediatamente l’incarico per il trial.
Bonadonna avviò il trial nell’estate del 1973. All’inizio dell’inverno aveva randomizzato quasi quattrocento donne, metà delle quali sarebbe stata trattata con il CMF (acronimo per indicare i farmaci chemioterapici Cytoxan, Metotrexate e Fluorouracile).
risultati eccezionali
Il sostegno di Veronesi era fondamentale: “I chirurghi non erano solo scettici. Erano ostili”, ricorda Bonadonna rievocando la predilezione dei chirurghi dell’epoca per l’intervento di mastectomia radicale rispetto ad altri meno demolitivi nel tumore della mammella.
Una mattina nuvolosa dell’inverno del 1975, Bonadonna volò a Bruxelles per presentare i suoi risultati a un convegno di oncologi europei. Il trial aveva appena concluso il suo secondo anno, ma già mostrava che la chemioterapia adiuvante aveva prevenuto una recidiva del cancro in una percentuale significativa, una donna su sei.
La notizia era così inattesa che l’auditorium l’accolse con un silenzio sbalordito. Fu solamente sul volo di ritorno per Milano, a tremila metri di quota, che Bonadonna finalmente venne sommerso di domande sul trial dagli altri ricercatori imbarcati sul suo volo.
tratto da:
- “L’Imperatore del Male. Una biografia del Cancro”, pagg. 344-347, di Siddartha Mukherjee
onoreficenze di Bonadonna
Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerose onorificenze, nazionali ed internazionali, tra cui la Laurea honoris causa in Medicina dall’Università di Torino nel 2004. Dal 2007 l’American Society of Clinical Oncology (ASCO) gli intitola un premio, il “Gianni Bonadonna Breast Cancer Award and lecture”.
GRANDE SCIENZIATO. ORGOGLIO DEL NOSTRO PAESE. POCHI ITALIANI LO CONOSCONO O SI RICORDANO DI LUI.
LA ITA, NUOVA COMPAGNIA AEREA ITALIANA, NEL DARE UN NOME A SUOI AEREI , LI HA CHIAMATI “PANATTA” E “MALDINI”, DUE CALCIATORI CHE NULLA, DICO NULLA, HANNO DATO ALL’UMANITA’. AVREBEBRO POTUTO BATTEZZARLI “BONADONNA” E ” VERONESI” , LORO SI CHE LO MERITAVANIO. IGNORANTI!! UNA VERGOGNA
Concordo. Personalmente dedicherei gli impianti sportivi con il nome di grandi sportivi e gli ospedali con il nome di grandi medici e scienziati.