Semmelweis: quando l’odio trabocca nel silenzio
(articolo di Giulia Guidotti)
“Egli era di quelli troppo rari, che possono amare la vita in ciò che essa ha di più semplice e più bello: vivere. L’amò oltre il ragionevole.”
(Louis-Ferdinand Céline, “Il dottor Semmelweis“)
Vienna, Ospizio generale, 1846. Ci sono due padiglioni per il parto: uno è diretto dal professor Klin, l’altro da Bartch. Semmelweis lavora all’accettazione delle donne con le doglie e proprio da loro viene a sapere che, sebbene vi siano molti casi anche da Bartch, da Klin il rischio di morte per febbre puerperale equivale alla certezza. Quando chiude, al padiglione di Bartch si vedono scene strazianti: famiglie che singhiozzano e finiscono per trascinare in strada la moglie o la madre che accompagnano, perché lì i pericoli sono minori. Da Klin vanno le più disperate, quelle senza soldi e senza nessuno in grado di aiutarle: quasi sempre si tratta di ragazze madri. La febbre puerperale è una malattia dell’utero e può accadere dopo un parto o un aborto. Si parte dalle infezioni localizzate, ovvero vulviti, cerviciti e vaginiti in base all’entrata del germe; di lì si giunge alle a forme diffuse agli organi pelvici, per continuità o per via ematica o linfatica, fino alle forme generalizzate, dove il patogeno è presente nel sangue in maniera costante (setticemia), ciò genera una risposta infiammatoria, la sepsi, condizione mortale se non trattata.
DALLE INFEZIONI LOCALI ALLA SETTICEMIA
La febbre è molto alta (38.5-39°C), il polso è frequente (100-120 battiti al minuto), vi è inoltre l’emissione di lochi ematici e maleodoranti. I lochi sono liquidi fetali, misti a residui placentari ed epiteliali. Normalmente i lochi dovrebbero essere inodori e di un colore che da scuro-grigiastro in prossimità del parto diviene poi trasparente. Questo flagello viene passivamente accettato, soprattutto nel padiglione di Klin, quasi fosse una tragica fatalità.
Qui comincia la ribellione di Semmelweis, come medico e come uomo. Egli comincia a notare che si muore più da Klin, lo avevano visto tutti, ma lui è il primo a prestarvi attenzione. Questa è la parola chiave dell’intera vicenda: un altro dettaglio infatti colpirà la mente del nostro Semmelweis: nel padiglione di Bartch si formano le ostetriche, in quello famigerato di Klin, gli studenti di medicina. Egli rifiuta le mille piste che gli vengono proposte, costringendo i suoi colleghi a ragionare un po’, quindi viene fuori una prima ipotesi: gli studenti di medicina (tutti rigorosamente uomini) eseguirebbero la manovra di esplorazione con troppa brutalità, causando una infiammazione fatale.
LA MORTE CHE SEGUE GLI STUDENTI
Allora Semmelweis decide di scambiare, le ostetriche con gli studenti di Klin, ma “la morte segue gli studenti” e Bartch, letteralmente sconvolto li rimanda da Klin. “La stupidità è una forza indomabile”, da qui infatti inizia lo scontro tra Semmelweis e i suoi colleghi, a cominciare dal professor Klin, che pensa bene di espellere gli studenti stranieri, ritenuti portatori della malattia. Quell’anno si registra una leggera diminuzione delle morti, tuttavia Semmelweis prosegue dritto per la sua strada: non si possono incolpare le condizioni atmosferiche, visto che si muore più in città, che in campagna (dove sono le stesse), pertanto la causa dev’essere all’interno della clinica: Semmelweis fa notare con molto coraggio che perfino nella clinica più antica di Vienna la mortalità è minore. Fatica a dormire la notte per gli orrori a cui assiste, quegli stessi orrori a cui gli altri medici si sono tristemente abituati. Vengono fuori altre teorie come lo stato presunto di maggiore depressione che hanno le ragazze madri; resta però vero un fatto: quelle che partoriscono in strada e si recano da Klin solo dopo vengono risparmiate.
LAVATE LE MANI!
Semmelweis però mentre si trova in viaggio in Italia viene a sapere della morte di Kolletchka, professore di anatomia e suo grande amico. Questi si era ferito con un bisturi durante un’autopsia, riportando lesioni e sintomi molto simili a quelli delle donne che morivano di febbre puerperale: linfangite, meningite, pleurite e peritonite: dunque l’agente eziologico sarebbe costituito dagli essudati cadaverici. Semmelweis pertanto si reca da Bartch, dove aveva fatto venire gli studenti. La mortalità è al 27%, a questo punto decide di far lavare le mani agli studenti, che avevano eseguito autopsie il giorno stesso o il giorno precedente, con una soluzione di cloruro di calce. La mortalità scende al 12%, ma per lui non è sufficiente. Un giorno arriva da Bartch una donna ritenuta gravida, egli la esamina e trova un cancro cervicale, poi passa direttamente a visitare cinque donne, che muoiono di febbre puerperale. Ecco l’illuminazione: sono le mani non lavate a diffondere l’infezione! Egli fa lavare le mani a tutti gli studenti con il cloruro di calce prima di ogni contatto con le donne. La mortalità crolla allo 0,23%.
Ricordiamoci che siamo in un’era pre-antibiotica e pre-microbologica, perché le scoperte di Pasteur e di Koch arriveranno sul finire del secolo.
LA GUERRA CONTRO SEMMELWEIS
Proprio per questo le intuizioni di Semmelweis assumono un valore ancor più grande: egli attua il concetto di antisepsi senza conoscere i batteri o i virus. Egli è euforico, ma ben presto Klin, stupido quanto cattivo, riuscirà a mettergli contro un bel gruppo di scienziati. Solo in cinque avranno il coraggio di difendere Semmelweis, tra loro c’è il brillante professor Skoda, che era stato suo maestro. Non va meglio fuori dall’Austria, dove nessuno prende sul serio queste nuove scoperte. Semmelweis viene deriso e insultato da pazienti, colleghi e studenti, stufi di quei lavaggi inutili. La situazione è insostenibile, nasce uno scandalo e Semmelweis viene allontanato nel 1849. Skoda prova a difenderlo davanti all’Accademia delle Scienze, ma in tutta risposta il ministro chiede a Semmelweis di allontanarsi da Vienna. È un eretico, un appestato e viene letteralmente costretto all’esilio. Trascorre un periodo di profonda depressione, finché torna a lavorare nel suo paese natale, l’Ungheria, a Buda, allora separata da Pest. Lì scrive il suo capolavoro: “L’eziologia della febbre puerperale“. Le difficoltà però sono le stesse e perfino il municipio di Buda si rifiuta di comprare delle lenzuola per l’ospedale.
RICONOSCIMENTI TARDIVI
Intanto il giovane dottor Arneth si appassiona alla causa di Semmelweis e prova a perorarla a Parigi, incontrando subito l’opposizione di Dubois, il più grande ostetrico dell’epoca:
“questa teoria di Semmelweis che, come si ricorderà, provocò polemiche tanto violente negli ambienti ostetrici, sia in Austria, sia negli altri paesi, sembra oggi completamente abbandonata, persino nella scuola dove un tempo fu professata. Può darsi che contenesse qualche buon principio, ma la sua applicazione minuziosa presentava tali difficoltà che si sarebbe dovuto, a Parigi per esempio, mettere in quarantena il personale degli ospedali per gran parte dell’anno, oltretutto per un risultato problematico”.
Arneth racconta tutto a Semmelweis. La pazienza umana ha un limite, così come la forza e per questo Semmelweis perde la ragione, a tal punto da finire in manicomio, dove muore nel 1865, a 47 anni nella più totale indifferenza.
il salvatore delle madri
Così sembra trionfare l’imbecillità degli uomini, la miopia degli scienziati, più preoccupati di mantenere la propria posizione che della salute dei pazienti. Alcuni di loro sarebbero passati comunque alla storia per questo e tra i molti Klin merita una menzione speciale per la sua ottusità, altri sarebbero giustamente rimasti nell’anonimato, ma Semmelweis avrebbe presto ottenuto da morto la gloria, che gli sarebbe spettata in vita. Sul finire del secolo Lister, ispirato dalle scoperte di Pasteur, inizia ad usare una soluzione di acido fenico per disinfettare le ferite, le garze, i ferri chirurgici e l’intero campo operatorio. Comincia l’era dell’antisepsi, che inizia a rendere più sicura la chirurgia.
Oggi, quando vedete i distributori di soluzione alcolica fuori dai reparti, ricordatevi di Semmelweis, della forza con cui ha cercato la verità e dell’esclusione che ha patito, dell’odio che si è trasformato in silenzio.
RIFERIMENTI:
- Louis-Ferdinand Céline: “Il dottor Semmelweis” (1924).