Luciano Gattinoni, il padre della posizione prona nel distress respiratorio

Luciano Gattinoni, il padre della posizione prona nel distress respiratorio

“Non lo auguro a nessuno, ma se entrerete in una Rianimazione con la bestia che vi affligge i polmoni, sappiate che, se sopravviverete, lo dovrete anche a lui, che anni fa dimostrò che l’ossigenazione migliore, in alcuni tipi di malattie polmonari, avviene in posizione prona.”

[Il dottor Carlo Serini, riguardo a Luciano Gattinoni, Professore dell’Università di Milano, Primario del Policlinico oggi in pensione, grande pianista di talento.]


Il professor Luciano Gattinoni è nato il 12 gennaio 1945. Ha ottenuto la ‘maturità classica’ presso il Liceo Carducci di Milano nel 1963 e si è laureato in Medicina nel 1969 presso l’Università di Milano. Sempre a Milano si è specializzato in Anestesia e Rianimazione nel 1974 e nel 1980 in Igiene.

In questi giorni di polmoniti da COVID-19 sono tante le immagini che ci giungono dai reparti di rianimazione di tutto il mondo. Un occhio attento noterà facilmente che spesso la posizione dei pazienti non è supina, come ci attenderemo di vedere, bensì in pronazione. Anche per questa particolarità, apparentemente insignificante, esiste una precisa ragione scientifica, e tale ragione scientifica è stata scoperta e dimostrata da un rianimatore italiano.

Il professore Luciano Gattinoni ha mostrato che, in posizione prona, le densità di scansione tomografica computerizzata si ridistribuiscono
dalla sede dorsale a quella ventrale poiché la regione dorsale tende a espandersi mentre la zona ventrale tende a collassare. Sebbene l’influenza gravitazionale sia simile in entrambe le posizioni, il reclutamento dorsale di solito prevale sul deprezzamento ventrale, a causa della necessità polmonare e della sua parete toracica a conformarsi allo stesso volume. Il
risultato finale della posizione di pronazione è che l’inflazione polmonare complessiva è maggiormente omogenea da dorsale a ventrale rispetto alla posizione supina, con stress e tensione distribuiti in modo più omogenei.


ards e “baby lung”

Immagine tratta da: Gattinoni L, Caironi P, Pelosi P, Goodman LR (2001) “What has computed tomography taught us about the acute respiratory distress syndrome?” Am J Respir Crit Care Med 164:1701–1711

La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è stata descritta per la prima volta nel 1967 dal dottor Dave G. Ashbaugh e colleghi dell’Università del Colorado. I 12 pazienti descritti in quel lavoro presentavano ARDS di origine polmonare ed extra-polmonare, alcuni con sovraccarico idrico e shock. La “pressione positiva di fine espirazione” (PEEP) fu utilizzata per cinque di loro (tre i sopravvissuti) mentre i rimanenti sette furono trattati con “zero di pressione positiva a fine espirazione” (ZEEP) (due i sopravvissuti). Il riscontro autoptico evidenziò polmoni pesanti (peso medio di 2110 g) e l’esame microscopico la presenza di aree alveolari atelettasiche, di emorragia, di edema interstiziale ed alveolare e capillari dilatati e congesti.

Con l’avvento della Tomografia Computerizzata (TC) la visione dell’ARDS cambiò in maniera drammatica. Ciò che era abitualmente considerato un “polmone omogeneo”, come dimostrato dalla radiografia antero-posteriore, appariva non omogeneo alla TC del torace, con densità concentrate maggiormente nelle regioni più declivi. Quando il professor Gattinoni, con il suo gruppo di lavoro a metà degli anni ottanta del novecento, inizio la valutazione quantitativa delle immagini alla TC che misura le quantità di polmone normalmente/scarsamente aerato, sovra-disteso e non aerato, scoprì che, nell’ARDS grave, la quantità di tessuto normalmente aerato misurato a fine espirazione era di 200-500 grammi, cioè equivalente al tessuto normalmente aerato di un bambino sano di 5-6 anni. Da questo risultato è derivato il concetto di “baby lung” che è una conseguenza dell’esame della TC.


la posizione in pronazione

Lo schema mostra gli effetti relativi e combinati della corrispondenza della forma del polmone con la parete toracica e della gravità sulla distribuzione della dimensione alveolare (inflazione) lungo l’asse verticale.

Il primo report sul posizionamento in pronazione nei pazienti con ARDS apparve nel 1976  e descriveva un notevole miglioramento dell’ossigenazione quando i pazienti erano passati dalla posizione supina a quella prona. Il lavoro era opera dei dottori M. A. Piehl e R. S. Brown.

Esperimenti sugli animali mostrarono chiaramente che il posizionamento in pronazione ritardava o preveniva il danno polmonare indotto dalla ventilazione, probabilmente a causa in gran parte di stress e tensione distribuiti in modo più omogeneo. Tra gli anni novanta e gli inizi del duemila, il professor Gattinoni condusse diversi studi per confrontare le posizioni prone e supine nella sindrome da distress respiratorio acuto, per quanto riguarda il vantaggio di sopravvivenza. La maggior parte dei dati ha indicato che, nel distress respiratorio acuto severo, la “prone positioning” eseguita con cura offre un vantaggio di sopravvivenza assoluto del 10-17%.


il modello a spugna ed il vantaggio di sopravvivenza con la posizione supina

La tomografia computerizzata mostra lo spostamento delle densità dalle regioni dorsale a ventrale del polmone durante la posizione prona e l’inversione completa quando il paziente viene girato in posizione supina. Ciò ha portato all’idea del “modello a spugna”.

Nel frattempo, la ridistribuzione della densità che Gattinoni aveva osservato nella posizione prona lo spinse a rivedere la teoria alla base del miglioramento dell’ossigenazione durante il posizionamento in pronazione e a suggerire un modello di spiegazione diverso. Questo modello, che era stato chiamato nel 1993 “modello a spugna” dal dottor R. C. Bone, fornisce una spiegazione sia per la ridistribuzione della densità in posizione prona che per il mantenimento del reclutamento con pressione positiva di fine espirazione (PEEP).

Il miglioramento della PaO2, osservato senza eccezioni in tutti gli studi clinici e sperimentali riguardanti la posizione prona, può essere dovuto al reclutamento ed aerazione di regioni polmonari perfuse e precedentemente prive di ossigenazione o allo spostamento del flusso sanguigno da regioni non aerate a quelle aerate.


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