La tradizione millenaria delle pescatrici AMA, le ultime sirene dell’oceano
A cura di Antonello Sanna (tecnico iperbarico)
Le Ama-San
Le “AMA-San” sono le donne pescatrici giapponesi (in giapponese Ama significa “donna del mare“), conosciute anche con il nome di Uminchu nella lingua di Okinawa e come Kaito sulla penisola di Izule, che ancora oggi esplorano in apnea i fondali marini alla ricerca di perle, abaloni e altri molluschi.
PESCATRICI DI ABALONI
Secondo la tradizione giapponese le prime testimonianze delle Ama divers risalgono al 927 d.C. nel periodo Heian del Giappone. Le prime pescatrici erano note per la pesca dei pregiati awabi (abaloni) per i santuari e gli imperatori.
Affascinanti e fiere della propria libertà, le Ama vivono la vita seguendo i ritmi del mare. Tra di loro non c’è traccia di rivalità ma vige un reale senso di appartenenza e solidarietà che le ha spinte ad insegnare questa pratica ad altri giovani donne, tramandando di generazione in generazione i segreti del proprio mestiere. Tutt’oggi godono di un elevato rango sociale prossimo a quello dei Samurai.
COME SAMURAI
Le Ama divers si immergono in apnea con un equipaggiamento essenziale composto da una maschera, una sorta di coltello ricurvo (kaginomi) impiegato per rimuovere le conchiglie dal fondo, una bandana attorno alla testa (tenugui) e pescano a mani nude o al massimo protette da guanti. Unica differenza rispetto al passato sono la muta introdotta dal 1964 o la leggera veste di lino bianco (isogi), che fino a mezzo secolo fa non venivano indossate perché le pescatrici si immergevano vestite del solo perizoma (fundoshi), come testimoniano le celebri foto scattate negli anni ‘50 da Iwase Yoshiku e Fosco Maraini.
Le donne che diventeranno Ama iniziano a immergersi già dalla tenera età di 10, 11 anni. L’addestramento vero e proprio va dai 16 ai 22 anni, periodo in cui imparano le tecniche di immersione che seguono ancora gli antichi rituali tramandati di generazione in generazione.
IMMERSIONI IN APNEA
Le loro immersioni in apnea, fino a 30 metri di profondità, durano fino a 2 minuti per un totale giornaliero che supera le 4 ore di pesca. Prima di immergersi ossigenano i polmoni effettuando profonde e veloci inspirazioni per cinque o dieci secondi, quindi fanno un’ultima inspirazione senza riempire completamente i polmoni.
Quando le pescatrici riemegono emettono un suono conosciuto come “Ama Isobue”, spesso romanticamente tradotto come “richiamo delle sirene” che altro non è che una specie di fischio prodotto dall’iperventilazione.
Per i giapponesi questo fischio malinconico simboleggia il duro mestiere delle Ama ed è stato incluso nei primi 100 suoni caratteristici del Giappone.
Le Ama in attività ormai sono poco meno di duemila, di età compresa fra i 20 e i 70 anni, concentrate nella regione di Ise-Shima, lungo la baia di Toba e le isole prospicienti di Toshijima, Sugashima e Kamishima.
LE OYOGIDO E LE funado
Si usa distinguere le Ama in due gruppi: il primo è quello delle “Oyogido” o “Kachido”, che non usano una imbarcazione ma si immergono vicino alla costa a profondità fino a 4 metri. A queste appartengono in generale le nubili, le pescatrici più giovani che ancora devono fare esperienza e le più anziane che hanno meno resistenza alle immersioni profonde e prolungate.
Il secondo gruppo è quello delle “Funado” alla quale appartengono le pescatrici veterane che si immergono a profondità maggiori. Queste pescatrici lavorano in coppia con un uomo che rimane sulla barca (di solito il marito) e si immergono a largo fino a 25 o 30 metri legate con una corda e aiutandosi per la discesa con pesi da circa 10-15 kg. Quando la pescatrice arriva al limite della resistenza in apnea, tira la corda e l’uomo sulla barca la riporta in superficie.
PROBLEMI DI SALUTE
Nonostante i fisici forti capaci di resistere anche nelle acque più fredde con il passare degli anni sviluppano problemi di salute legati all’artrite e la progressiva diminuzione della capacità uditiva; inoltre le pescatrici che lavorano frequentemente a profondità di 25 – 30 metri con il tempo sviluppano disturbi neurologici sovrapponibili alla patologia da decompressione simili al quadro clinico dei pescatori di perle polinesiani delle isole Tuamotu definito “Taravana” la cui eziopatogenesi è ancora in fase di studio.
Le donne Ama e le loro usanze sono candidate all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Note bibliografiche:
- Ama (pescatrici subacquee) https://it.wikipedia.org/wiki/Ama_(pescatrici_subacquee)
- M. Malpieri et al. “PDD in apnea: fisiopatologia, clinica e terapia“
- The Japan Time: “Traditional ama fishing in Mie in danger as diver numbers plunge“
- BBC: “The last mermaids of Japan“
Complimenti Antonello. Molto interessante