La Sifilide: “una notte con Venere, una vita con Mercurio”

la sifilide: “UNA NOTTE CON VENERE, UNA VITA CON MERCURIO”

Frontespizio del celebre libro Della sifilide, ovvero del morbo gallico di Girolamo Fracastoro.

La sifilide era una malattia molto comune un tempo tra musicisti, artisti, letterati e non solo.
Comparsa (?) per la prima volta in Italia nel 1494 durante l’assedio di Napoli da parte delle truppe francesi di Carlo VIII, fu denominata per questo “mal napoletano” (dai francesi) oppure “mal francese” o ancora “morbo gallico” (dagli italiani).

Prima dello sbarco di Cristoforo Colombo nel Nuovo Continente non si trovano tracce della malattia in Europa: è lecito supporre che essa potrebbe essere stata portata proprio dai conquistatori spagnoli, e questo spiegherebbe il perché gli inglesi chiamano la sifilide “mal spagnolo“, anche se gli spagnoli continuano a chiamarla “mal inglese“. 

L’agente patogeno che causa la Sifilide è il Treponema Pallidum, batterio gram-negativo appartenente al genere Spirocheta, trasmesso principalmente per via sessuale.


un batterio

il Treponema Pallidum 

Dopo un variabile periodo di incubazione, da 10 giorni a 3 mesi (“quattro lune”, negli antichi testi) la malattia si manifesta in tre fasi:
1) eritematosa;
2) ulcerosa;
3) tabe.

Nella terza fase colpisce il sistema nervoso centrale, ovvero il midollo spinale (causando paralisi) o l’encefalo (psicosi gravi).

La terapia un tempo era a base di sali e composti di mercurio, arsenico e bismuto, tanto che venne coniato il motto:

Una notte con Venere, una vita con Mercurio


 tentativi di terapia

Incisione del 1689 tratta dall’opera di Steven Blankaart “Die Belagert und Entsetze Venus” (National Library of Medicine , Bethesda). Essa mostra alcuni ammalati di sifilide nei diversi stadi della malattia. Nell’incisione è anche evidenziata la terapia a base di mercurio: inalazione di vapori, pozioni e bagni.

C’è da sospettare che a lungo andare si rivelasse poi peggiore la toppa del buco, ovvero che il rimedio facesse più male della malattia stessa.
Arcinota è la tossicità dei composti dell’arsenico, veleno dei principi e principe dei veleni, e del mercurio (che recentemente ha portato alla messa al bando dei cari vecchi termometri).
Sotto forma di vapori, il mercurio era somministrato nelle speciali “botti” ideate da Tommaso Campailla (1668-1740) e installate presso l’Ospedale di Modica.
Nella botte, una stufa mercuriale con all’interno uno sgabello per far sedere il paziente, si trovava un apposito bicchiere nel quale si versava del cinabro (solfuro di mercurio) che veniva decomposto dal calore in zolfo e mercurio.
Quest’ultimo veniva assorbito dalla pelle del paziente in piena sudorazione.
Sempre a base di mercurio era un unguento “spalmato” su uno speciale calzino di lino inventato due secoli prima da Gabriele Falloppio, da usare durante i rapporti sessuali per prevenire il contagio: il primo preservativo della storia, non troppo efficace rimedio al diffondersi di un morbo che le Chiese (protestanti e cattolica) vedevano come un castigo divino.
E pensare che il nitrato di mercurio era utilizzato un tempo dai cappellai londinesi per conciare la pelle, in un processo detto carotatura, per mezzo del quale si separava il pelo dalla pelle, la quale si compattava.


i danni da mercurio

il cappellaio matto (in un cartone animato)

Tuttavia, il nitrato di mercurio in soluzione acquosa, facilmente assorbito per via cutanea, avvelenava progressivamente i cappellai, i quali manifestavano i sintomi dell’avvelenamento con instabilità emotiva, insonnia, demenza e allucinazioni.
Il cappellaio matto che Alice incontra nel Paese delle Meraviglie ha eternato tra le risate di bambini e adulti la triste sorte di questi poveri artigiani, sorte non dissimile da quella di tanti musicisti sifilitici, come Schubert, Schumann, Beethoven, Paganini, Wolf; oppure Gaetano Donizetti, che trasmise la famigerata spirocheta alla moglie Virginia, la quale morì a soli 29 anni senza dare un erede al marito. Infatti, tutti i bambini concepiti dalla madre o nacquero morti oppure vennero abortiti, a causa dell’infezione contratta (sifilide congenita).


arrivano gli antibiotici


A riguardo degli illustri sifilitici sopra citati resta da chiedersi se a minarne la sanità mentale (eccettuato Schubert che morì giovanissimo, tutti gli altri diedero chiari segni di squilibrio, tanto da essere internati in manicomio) fosse la malattia giunta al terzo stadio oppure la terapia a base di mercurio, che continuò ad essere imposta ai malati di lue (altro nome della sifilide) fino all’introduzione del Salvarsan 606 (arsfenamina), il primo chemioterapico della storia, scoperto cent’anni fa da Paul Ehrlich (1854-1915).
Il Salvarsan, un composto organico dell’arsenico (arsfenammina), pur essendo efficace nella cura della sifilide, non è alieno da effetti collaterali: per questo, a partire dagli anni 50, è stato sostituito da un derivato della penicillina (benzilpenicillina).


fonte

Alcuni storici della Medicina raccontano che, una volta provata l’efficacia antibatterica della penicillina agli inizi degli anni ’40, questo farmaco farmaco, fu utilizzato prima ancora che nella sbarco di Normandia, durante l’invasione delle truppe alleate nell’Italia meridionale nel 1943, e che questo antibiotico non fu somministrato solo ai soldati feriti ma anche a diverse prostitute affette dai sintomi della sifilide (with intramuscular injections of penicillin four-hourly for eight days for a total of 1,200,000 units)
In un certo senso questo episodio chiuse il cerchio: laddove il mal franzese o napolitano si manifestò per la prima volta, per la prima volta si manifestò l’efficacia antisifilitica della penicillina.

Nel primo libro della sua raccolta poetica, risalente al 1530, denominata Syphilis sive Morbus Gallicus, Girolamo Fracastoro descrisse la sifilide come una malattia di origine sconosciuta contratta dai nativi spagnoli durante la spedizione di Colombo verso il Nuovo Mondo. L’autore sosteneva che la malattia comparisse spontaneamente solo in pochi soggetti, ma che la maggior parte degli infetti la contraesse durante il coito.


 

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