Il Morbo di Parkinson: neuroelettrofisiologi vs neurobiologi
Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge, principalmente, alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. La malattia fa parte di un gruppo di patologie definite “Disordini del Movimento” e tra queste è la più frequente.
Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde del cervello, note come gangli della base (nuclei caudato, putamen e pallido), che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti (ma non solo). La malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente.
PARKINSON E DOPAMINA
I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni, in un’area chiamata Sostanza Nera (la perdita cellulare è di oltre il 60% all’esordio dei sintomi).
Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina. Forse è proprio questa proteina che diffonde la malattia in tutto il cervello.
Il trattamento della malattia di Parkinson pone in primo piano la terapia farmacologica. Negli ultimi anni si sono però affermate anche varie metodiche chirurgiche.
NEUROBIOLOGI
La scoperta della L-Dopa, o levodopa, è dovuta alla fortunata coincidenza del lavoro svolto da due ricercatori, che operavano autonomamente ed indipendentemente l’uno dall’altro, il dr Arvid Carlsson ed il dr Oleh Hornykievicz (Syców, 17novembre 1926 – Vienna, 26maggio 2020).
Il dr Carlsson, svedese, studiava, nel suo laboratorio di Göteborg, l’effetto che provocava la reserpina nei topi da esperimento. Ebbe la fortunata idea di somministrare la L-Dopa ai topolini che avevano assunto la reserpina ed osservò che i sintomi “parkinsoniani regredivano completamente“, questo perché la L-Dopa veniva trasformata in dopamina proprio nello striato e determinava il ritorno ad una condizione di normalità.
Una preoccupazione frequente è rappresentata dal timore che l’efficacia delle cure mediche, facciamo l’esempio della L-Dopa, vada a svanire nel tempo lungo, e questo perché si ritiene che l’organismo si abitui ai farmaci in modo tale da non sentirne più l’effetto.
NEUROELETTROFISIOLOGI
Storicamente la terapia chirurgica è stata la prima opzione adottata per il trattamento della malattia di Parkinson.
In passato sono stati provati vari procedimenti chirurgici, tra questi quello che ha dato i migliori risultati è l’intervento stereotassico, lesionale di alcuni nuclei profondi cerebrali. Attualmente l’intervento chirurgico consigliato è quello di Stimolazione Cerebrale Profonda o DBS (“Deep Brain Stimulation“) di differenti nuclei situati profondamente nel cervello: il Subtalamo, il Globo Pallido interno, ed il nucleo Ventrale Intermedio del talamo.
È stato possibile accertare che alcuni di questi nuclei (subtalamo e globo pallido interno in particolare) sono in uno stato di eccitazione eccessiva, funzionano troppo, per cui impediscono lo svolgimento della normale attività motoria, determinando inoltre tremore, rigidità e bradicinesia.
LA NEUROMODULAZIONE ATTRAVERSO LA “DEEP BRAIN STIMULATION“
La neuromodulazione attraverso l’elettrodo della Deep Brain Stimulation riporta alla normalità questi nuclei, impedendo questo eccesso di attività, e facendo scomparire i sintomi parkinsoniani.
L’intervento di Deep Brain Stimulation è riservato ai malati che non sono più sufficientemente compensati dalla terapia farmacologica e sono transitati nella fase scompensata di malattia, caratterizzata dai problemi della sindrome da trattamento a lungo termine.
La Deep Brain Stimulation ha ricevuto notevole impulso dal ricercatore statunitense Mahlon DeLong (nato nel 1938), neurologo e professore presso la “Medical School of Emory University“.
LE RICERCHE DI DELONG
Quando DeLong iniziò le sue ricerche, a fine anni sessanta del novecento, i gangli della base erano stati implicati nel movimento, in particolarmente perchè i difetti in quella sede erano associati a malattie come il morbo di Parkinson, in cui i disturbi motori sono una caratteristica prominente. Poco si sapeva comunque, su come i gangli della base contribuissero al movimento.
Per scoprirlo, DeLong inserì micro-elettrodi nei cervelli di scimmie e misurò l’attività di neuroni specifici nei gangli della base mentre gli animali eseguivano azioni preparate.
Egli confrontò con attenzione i neuroni; alcuni influenzavano, per esempio, la direzione, l’ampiezza o la velocità dei movimenti del braccio, della gamba o facciali. In questo modo, egli mappò l’organizzazione del cosiddetto circuito motorio.
Il suo lavoro ha fornito anche notevoli informazioni riguardo all’osservazione che problemi cognitivi ed emozionali accompagnano molti disordini motori che originano da nuclei della base malfunzionanti.
riferimenti:
- https://www.facebook.com/SullaFisiologia/posts/1496463980596279
- parkinson.it
- https://it.wikipedia.org/wiki/Oleh_Hornykiewicz
- parkinson-italia
- Biography of Mahlon DeLong
- https://www.bizjournals.com/atlanta/news/2019/05/17/lifetime-achievement-br-delongs-discoveries.html
- https://laskerfoundation.org/winners/deep-brain-stimulation-for-parkinsons-disease/
- “Deep-Brain Stimulation – Entering the Era of Human Neural-Network Modulation“, di Michael S Okun (NEJM settembre 2014)
articolo del dott. Concetto De Luca (16 settembre 2014)