Breve storia dell’elettrocardiografia fetale

BREVE STORIA DELL’ELETTROCARDIOGRAFIA FETALE

Immagine tratta dall’articolo di Max Cremer (1906).

Le ramificazioni cliniche dell’elettrocardiografia furono ben presto evidenti già dagli esordi della tecnica.
Il monitoraggio fetale elettrocardiografico fu introdotto nel 1906. In questo anno, in Germania, il dott. Max Cremer riportò le sue ricerche su registrazioni eseguite dall’interno dell’esofago. Cremer registrò l’elettrocardiogramma fetale applicando elettrodi d’argento alla parete addominale ed alla vagina. La sua pubblicazione non generò nessun interesse e non vennero fatte altre importanti ricerche fino al 1936 finché E. O. Strassman, alla Mayo Clinic, dimostrò le caratteristiche dell’elettrocardiogramma fetale con derivazioni standard sugli arti della madre. Ma anche questo articolo non riuscì ad attirare l’interesse dei clinici.


UNA TECNICA QUASI COMPLETAMENTE SOPPIANTATA

La configurazione degli elettrodi proposta per la registrazione indiretta del segnale elettrocardiografico fetale, e un esempio di segnale registrato sull’addome materno (complessi M, F – QRS, rispettivamente materno e fetale).

Impostazione della misurazione con otto elettrodi sull’addome materno (sei elettrodi di registrazione, un riferimento comune (ref), un terreno (gnd) e il prototipo del sistema di monitoraggio fetale. I canali bipolari sono indicati dalle frecce e formati dagli elettrodi 1–6 rispetto al riferimento comune (es. 1 –ref, 2 –ref). Le posizioni degli elettrodi e dei vettori di piombo dei canali registrati sono definite all’interno del sistema dell’asse xyz raffigurato in basso a destra.

Nel 1957, il dott. E. M. Southern descrisse la possibile relazione tra l’anossia fetale e le alterazioni dell’elettrocardiogramma fetale prenatale.
Sebbene l’elettrocardiogramma fetale sembrò avere un qualche valore clinico le modificazioni del tracciato non erano sufficientemente specifiche per poterlo ancora accettare come uno strumento clinico.

elettrocardiogramma ed ecografia fetale

Illustrazione schematica del processamento del segnale per ottenere un ECG fetale standardizzato.

Negli ultimi decenni, poi, l’ecografia fetale ha quasi completamente soppiantato questa metodica. Eppure, essendo l’esame ad ultrasuoni ‘operatore dipendente’, continua la ricerca di gruppi di studio nel migliorare la tecnica elettrocardiografica e renderla usufruibili per avere indicatori ‘oggettivi’ dell’attività elettrica fetale, sia fisiologica che patologica.


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