Allotrapianti e xenotrapianti: passato, presente e futuro

Allotrapianti e xenotrapianti: passato, presente e futuro

  • Articolo del professor Sergio Barocci, Università di Genova – UNISenior

dai primi esperimenti al Tardo Medioevo

La Guarigione del diacono Giustiniano da parte dei santi Cosma e Damiano (opera del Beato Angelico)

L’idea di sostituire parti del corpo malate o danneggiate ha da sempre esercitato un certo fascino sull’essere umano e sin dall’antichità ha acceso speranze, alimentando miti e leggende.

Una prima descrizione è datata intorno al VI secolo a.c. dove viene dettagliato in un testo indiano in sanscrito il Susruta Sanhita l’uso di lembi cutanei autologhi per la sostituzione di nasi mancanti.

Nel mondo occidentale, invece, l’immagine di un trapianto riuscito di una intera gamba da parte dei Santi Medici del III secolo Cosma e Damiano viene raffigurata in diversi famosi dipinti.


IL RINASCIMENTO

Gaspare Tagliacozzi (ritratto di Tiburzio Passarotti)

Anche nel XVI secolo il chirurgo ed anatomista italiano Gaspare Tagliacozzi (1545 – 1599), insieme ad altri chirurghi plastici pionieri ebbe un certo successo con tali procedure. Questi metodi consentivano l’utilizzo di innesti di tessuto del paziente o di altri donatori.

Le prime testimonianze storiche di trapianti umani di tessuti e di organi sono da far risalire al XVII secolo con alcuni resoconti di xenoinnesti ossei ad opera del chirurgo olandese Job Hanzoon van Meekeren (1611 – 6dicembre 1666), che curò un soldato ferito alla testa con un pezzo di osso proveniente dal cranio di un cane, e sebbene la guarigione fosse perfetta, la Chiesa ne ordinò la rimozione.

Sempre nel XVII secolo il medico francese Jean Baptiste Denys (1643 – 1704) cominciò nel 1667 a trasfondere il sangue di animali ad alcuni pazienti (xenotrasfusione).


SETTECENTO ED OTTOCENTO

Raffigurazione della prima trasfusione della storia, da un agnello ad un essere umano.

Tuttavia, questa pratica trasfusionale venne poi messa al bando dalla Francia nel 1670 a causa di controversie etiche diventando solo di sicuro affidamento nei primi anni del ‘900, grazie agli studi del fisiologo austriaco naturalizzato statunitense Karl Ernest Landsteiner (1868 – 1943).

Altri trapianti sperimentali su animali d’acqua furono effettuati, invece, nel XVIII secolo da un certo zoologo svizzero Abraham Trembley (3settembre 1710 – 12maggio 1784) ed autotrapianti di speroni di galli nei loro pettini dal chirurgo scozzese John Hunter (1728 – 1793).

Agli inizi del XIX secolo vi furono alcuni tentativi di xenoinnesti cutanei dalla pecora all’uomo.
Successivamente vennero effettuati altri tentativi con conigli, cani, gatti, rane, polli e persino con dei piccioni. Nel 1838 iniziarono, anche, le prime sperimentazioni pratiche di trapianti di cornea, utilizzando cornee di animali nell’occhio umano e in seguito, cellule animali.


IL NOVECENTO

Abraham Trembley.

Da questo momento si dovettero attendere ben oltre sessant’anni per assistere nel 1905 al primo trapianto riuscito di cornea nella storia della medicina da uomo a uomo da parte dell’oftalmologo austriaco Eduard Zirm ( 1863 – 1944) che trasferì la cornea di un ragazzo di undici anni, morto in un incidente, nell’occhio di un manovale accecato dalla calce viva; cornea che rimase trasparente anche dopo la guarigione.

Negli anni successivi, a partire dal XX secolo, la ricerca medica incominciò ad orientarsi verso la pratica della sostituzione degli organi principalmente con gli allotrapianti, i quali diventarono e rimasero di fatto per molti decenni, l’unico approccio accreditato dalla Comunità Scientifica.


Il riconoscimento del concetto di trapianto e i pionieri con le prime innovazioni chirurgiche nel XX Secolo

John Hunter (ritratto di Joshua Reynolds).

La nascita della medicina dei trapianti incominciò progressivamente ad affermarsi solo a partire dal XX secolo, intesa come sostituzione di organi dapprima in animali e poi nell’uomo.

I primi tentativi di trapianti di organi solidi, come quelli renali, iniziarono nei primi anni del ‘900, con l’intendimento di studiare le vie migliori per arrivare alle anastomosi vascolari e con l’adozione dell’acido fenico come antisettico in chirurgia propugnata dal medico britannico Joseph Lister (1827 – 1912) nel 1867.

Al biologo e chirurgo francese Alexis Carrel (1873 – 1944 ) si attribuisce, invece, il merito di aver originato sia la sutura vascolare sia il suo utilizzo nei trapianti di organi.


L’anastomosi dei vasi sanguigni

Alexis Carrel.

Anche se gli venne assegnato con merito il Premio Nobel per la Medicina nel 1912 per lo sviluppo di queste tecniche, in realtà Carrel non risultò il primo in questa impresa.

I primi tentativi furono fatti dal fisiologo russo Vladimirovich Eck (1849 – 1908) nel 1877 che eseguì quella che potrebbe essere definita la prima anastomosi vascolare in un cane, utilizzando suture di seta.

La stessa tecnica fu utilizzata nel 1897 dal chirurgo statunitense John Benjamin Murphy (1857 -1916) che eseguì una riparazione vascolare femorale dopo una ferita da arma da fuoco.

Nel 1896 fu, invece, la volta del chirurgo francese Mathieu Jaboulay, dove Carrel si formò, a perfezionare innovative tecniche di suturazione dei vasi sanguigni a tutto spessore in animali da esperimento, con aghi dritti e filo di seta, introdotti nel 1890 dal chirurgo austriaco Erwin Payr (17febbraio 1871 – 6aprile 1946).


NUOVE TECNICHE DI SUTURAZIONE

Mathieu Jaboulay (5luglio 1860 – 4novembre 1913)

Carrel, adottò questo metodo solo qualche anno dopo, utilizzando una nuova tecnica di suturazione efficace e sicura avvalendosi di aghi piccoli e più sottili e materiali di sutura come fili di cotone, su consiglio del fisiologo statunitense Charles Guthrie (1880 – 1963), con il quale collaborò durante i suoi dodici mesi del 1904 trascorsi a Chicago negli U.S.A., trapiantando organi diversi negli animali, alcuni con successo (autotrapianti) e altri (xenotrapianti ) senza successo. Il risultato principale di queste sperimentazioni fu l’emergere dell’esistenza di una qualche incompatibilità biologica, nel caso dei fallimenti.

Dopo aver lasciato Chicago nel 1906 per il Rockfeller Institute di New York dove lavorò sotto l’influenza del collega statunitense James Bumgardner Murphy (4agosto 1884 – 24agosto 1950), che aveva mostrato come la trasfusione di cellule adulte della milza (in prevalenza linfociti) poteva impedire l’insorgenza di tumori nel sacco vitellino degli embrioni di pollo.


TRA L’EUROPA E L’AMERICA

Soluzione di Belzer (“For Machine Perfusion and Preservation of Explanted Organs“).

Tuttavia, solo a partire dagli anni ‘50 venne riscoperta la portata del suo lavoro sui trapianti. Carrel nel 1914 ritornò in Francia dagli U.S.A. pubblicando una revisione critica di tutti gli esperimenti eseguiti negli anni precedenti.

La prima guerra mondiale interruppe la sua ricerca sui trapianti e, dopo aver trascorso il periodo del conflitto curando soldati feriti, ritornò al Rockfeller Institute non per continuare la ricerca sui trapianti ma per collaborare con l’aviatore statunitense Charles Lindbergh (1902 – 1974) sulla perfusione di organi e tessuti.
Agli inizi del ‘900 come liquido di perfusione si utilizzava una soluzione fredda di Ringer lattato (destrano, plasma, glucosio, bicarbonato), ma a partire dal 1969 entrò in uso la soluzione di Collins modificata in Eurocollins per la conservazione del rene fino a sei ore e infine nel 1988 venne approvata una nuova soluzione, la soluzione di Belzer, che che permise di allungare i tempi di preservazione degli organi più a lungo, rivoluzionando il campo di attività chirurgica.


SOLUZIONI PER TRASFUSIONI

Le fasi sequenziali della procedura di nanoriscaldamento come segue: (1) ricupero del rene dal donatore; (2) caricamento di agenti crioprotettivi (CPA) e nanoparticelle di ossido di ferro (IONPs); (3) raffreddamento rapido allo stato vetrificato; (4) stoccaggio a -150 °C fino al momento del bisogno; (5) riscaldamento rapido e uniforme in campo elettromagnetico alternato a radiofrequenza (RF); (6) scarico di CPA e IONP e infine, gli organi sono pronti per la valutazione (7A) mediante perfusione meccanica normotermica o (7B) trapianto.

La soluzione di Belzer fu messa a punto da Folkert Oene Belzer (5ottobre 1930 – 6agosto 1995), all’Università del Wisconsin, e prese anche il nome di soluzione UW. Il suo scopo era quello di minimizzare gli effetti del rigonfiamento cellulare indotti dall’ipotermia, evitare l’acidosi intracellulre, impedire l’espansione dello spazio interstiziale, impedire i danni da radicali liberi (soprattutto durante la riperfusione) e fornire i substrati per la rigenerazione dei fosfati ad alta energia durante la riperfusione.

Alla fine degli anni ’90 fu proposta la soluzione di Celsior, inizialmente per la conservazione del cuore ma poi anche per altri organi da trapianto come rene, fegato e pancreas. La formulazione della soluzione di Celsior era stata progettata per soddisfare due obiettivi principali: (1) combinare i principi generali della conservazione ipotermica degli organi con quelli specifici per il miocardio e (2) offrire la possibilità di essere utilizzata non solo come mezzo di conservazione ma anche come fluido di perfusione durante l’arresto cardiaco iniziale del donatore, il reimpianto dell’innesto post-conservazione e la riperfusione precoce.


TECNICHE INNOVATIVE

Componenti della soluzione di Belzer.

Nel 2023 è stata sperimentata, per ora solo sugli animali (ratti), un’innovativa tecnica da parte dell’Università del Minnesota, dove i reni espiantati vengono congelati in modo ultrarapido tramite azoto liquido a – 150°C (in questo caso consiste la vetrificazione) e poi riportati alla piena funzionalità con un sistema particolare di nanoriscaldamento. Questi reni vetrificati possono essere conservati fino a 100 giorni e se questa tecnica potrà essere poi applicata anche agli esseri umani, consentirà di pianificare meglio i trapianti.

Lo sviluppo della tecnica chirurgica di sutura per mezzo di Carrel, in grado di permettere più facilmente il collegamento dei vasi sanguigni, risultò in seguito una tappa fondamentale per sperimentazioni future di trapianti d’organo (allotrapianti), insieme alla scoperta dei gruppi sanguigni, per comprendere l’origine immunologica di questa “bio incompatibilità” con l’identificazione di alcuni componenti della reazione immunitaria (in particolare i linfociti).


SISTEMA IMMUNITARIO E TRAPIANTI

Serge Voronoff.

Agli inizi degli anni ‘20, il fatto più sorprendente fu la rapida acquisizione di maggiori informazioni su come poteva essere modificato il Sistema Immunitario. James B. Murphy fu, certamente, in questo periodo una figura di spicco per la la rimozione dei linfociti o per la loro inattivazione.

La modificazione di questa bio-incompatibilità rapidamente individuata con radiazioni γ per i suoi effetti nella soppressione del midollo osseo e del sistema linfoide, con il benzolo che bloccava la formazione di anticorpi, con la mostarda azotata e con l’iprite, utilizzate nella prima guerra mondiale che sviluppavano entrambe depressione del midollo osseo e leucopenia, divenne possibile, trapiantare organi come il rene, sopprimendo la reazione immunitaria. In realtà, questa possibilità venne ritardata di altri trenta anni per alcuni scandali su pratiche dubbie come gli xenotrapianti di testicoli umani con testicoli di scimmia.


REAZIONI TISSUTALI

Leo Loeb (21settembre 1869 – 28dicembre 1959)

Questo campo fu guidato dal chirurgo russo Serge Voronoff (1866 – 1951) con l’obiettivo di ripristinare la potenza sessuale ma anche per un ringiovanimento generale.

Tuttavia, a tenere ancora accesa la fiamma che le reazioni tissutali agli innesti estranei fossero una tappa fondamentale con l’implicazione di infiltrati cellulari, contribuirono rispettivamente un patologo tedesco – statunitense Leo Loeb (1869 -1959) all’Università St. Louis su omoinnesti cutanei in ratti ed un fisiologo statunitense, Frank C. Mann (1887 – 1962), alla Mayo Clinic di Rochester su omoinnesti renali e cardiaci canini, ma senza risultati apprezzabili.

I trapianti di rene tecnicamente riusciti furono eseguiti per la prima volta non da Carrel ma dal chirurgo austriaco Emerich Ullmann (1861 – 1937), pioniere del trapianto renale, ricordato come colui che diede l’avvio all’era della trapiantologia, stimolando la chirurgia vascolare e lo sviluppo dell’immunologia dei trapianti.


Emerich Ullmann

Ernst Unger (2aprile 1875 – 13settembre 1938)

Nel 1902 Ullmann sperimentò a Vienna alcuni autotrapianti, allotrapianti e xenotrapianti nei cani e nelle capre, utilizzando la tecnica di suturazione di Payr, con lo spostamento del rene dalla sua sede naturale in altra sede.

Nello stesso anno egli eseguì, anche, senza successo uno xenotrapianto renale da maiale su una donna allo stadio terminale di insufficienza renale. Sempre a Vienna nel 1902 in un’altra clinica, un altro chirurgo austriaco Alfred von Decastello Richtwehr (1872 – 1960) eseguì analoghi trapianti cane – cane.
Nel 1906 ci furono da parte del chirurgo francese Mathieu Jaboulay altri due tentativi di xenotrapianti su due uomini diversi, entrambi con uremia terminale, cercando come organo donatore un maiale per uno e per l’altro, invece, come organo donatore una capra. Il rene di maiale fu trapiantato nel braccio usando l’arteria brachiale nel primo paziente, funzionando con la produzione di una quantità normale di urina fino a coagulazione dell’arteria al terzo giorno.


XENOTRAPIANTI

Il rene di capra, diversamente da quello di maiale fu trapiantato nella coscia del secondo paziente, anche questo senza successo iniziale.

Anche a Berlino seguirono ulteriori sperimentazioni di trapianti renali condotti dal chirurgo tedesco Ernst Unger (1875 – 1938). Egli dopo aver eseguito per la prima volta più di 100 trapianti renali su animali. Eseguì nel 1909 due xenotrapianti renali nell’uomo senza successo, utilizzando come donatori primati non umani, pur avendo i reni funzionato per non più di pochi giorni.

I lavori iniziali sui trapianti d’organo portarono alla ribalta l’idea di una incompatibilità biologica tra le specie, in grado di precludere il successo dei trapianti.


Il ruolo degli immunologi e la barriera dei trapianti

Elie Metchnikoff [tra ca. 1910 e ca. 1915]
Dal 1902 al 1912 con diverse sperimentazioni nei trapianti renali, furono compiuti grandi progressi anche nella comprensione di ciò che oggi viene definita “immunità” , dopo che una grande quantità di lavori, a partire dal 1860, in poi, usando la cute, non fecero che generare una certa confusione. Tutto questo, in gran parte, fu dovuto alle difficoltà nel valutare se gli innesti cutanei attecchissero o meno, con diversi inganni su questa questione, mentre più interessanti risultò per i trapianti di organi l’enorme quantità di trapianti eseguiti per vari tumori da un animale all’altro.

Pertanto, la scoperta di vari componenti della reazione immunitaria, accelerò notevolmente nei primi anni ‘20 del XX secolo dopo che i fagociti come agenti difensivi furono descritti dal biologo ucraino Ilya Metchnikoff (1845 – 1916) nel 1880 e poi gli anticorpi con l’immunologo tedesco Paul Ehrlich (1854 – 1915), Premio Nobel per la Medicina nel 1908, tra gli anni 1890 e 1900.


L’ALESSINA

Hans Ernst August Buchner (16dicembre 1850 – 5aprile 1902)

Inoltre, il biologo austriaco nel 1902 Karl Landsteiner (1868 – 1943) descrisse i gruppi sanguigni umani ABO, mentre il medico tedesco Hans Buchner (1850 – 1902) e il batteriologo belga Jules Bordet (1870 – 1961) lavorando a Parigi individuarono l’alessina, una sostanza non specifica e instabile al calore a 56°C che in seguito fu chiamata da Ehrlich “complemento”.

Tutti questi fattori, si sono rivelati importanti come aspetti per il riconoscimento e l’eliminazione di agenti o antigeni estranei compresi quelli nei trapianti.
Così, solo negli anni ‘20 del XX secolo emerse l’idea che gli innesti di tessuti e i trapianti di organi venissero distrutti attraverso meccanismi nella difesa contro organismi estranei anche se i dettagli rimasero ancora scarsi.

Nel 1912 il medico tedesco Georg Schöne (1875 – 1960) che si occupò di trapianti cutanei e di tumori, nel suo libro dal titolo “Heteroplastische und Homoplastische Transplantation“ formulò delle osservazioni che lo condussero al primo uso del termine “tranplantations immunitat” , descrivendo la perdita accelerata di secondi innesti tra gli stessi individui, così annoverate :
1. un trapianto in una specie estranea fallisce inevitabilmente;
2. un trapianto tra membri non imparentati della stessa specie, in genere, fallisce;
3. gli autotrapianti hanno quasi sempre successo;
4. in un trapianto allogenico esiste dapprima un periodo di attecchimento e poi un rigetto tardivo;
5. un rigetto accelerato di un secondo innesto si verifica in un ricevente che in precedenza aveva rigettato un innesto dallo stesso donatore o di un primo innesto in un ricevente che era stato in precedenza sensibilizzato con materiale proveniente dal tumore del donatore;
6. quanto più stretto è il legame o la consanguineità tra donatore e ricevente , tanto più grande è la probabilità di successo del trapianto. Anche suo contemporaneo il chirurgo tedesco Erich Lexer (1867 – 1937), pioniere della chirurgia plastica e ricostruttiva , ebbe la sua stessa idea descrivendo una reazione simile che portava alla distruzione di tutti gli omoinnesti ( Fig. 14) A Londra, invece, un altro brillante allievo di P. Ehrlich, l’oncologo inglese Ernest F. Brashford ( 1873 – 1923 ) che aprì la strada all’approccio biologico allo studio del cancro, confermò le osservazioni di Schone sugli innesti accelerati.

 



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