Breve storia della moderna terapia medica dell’epilessia
l’inizio di una nuova era
In un celebre meeting della ‘Royal Medical and Chirurgical Society‘ di Londra l’11maggio 1857, l’ostetrico reale, sir Charles Locock, presidente del meeting, riferì del suo uso del bromuro di potassio in una forma di epilessia chiamata catameniale o isterica. Egli riportò di aver utilizzato con successo per 14 mesi il bromuro di potassio in 14 di 15 pazienti affette da questa forma di epilessia. Così, in un pomeriggio piovoso londinese, venne lanciato il primo trattamento medico moderno per l’epilessia e il primo rimedio “specifico” (o almeno quasi specifico) veramente efficace.
Il dott. Sieveking
Nel 1857 e nel 1861, il medico inglese Edward Henry Sieveking pubblicò due edizioni del suo libro “Epilepsy and Epileptiform Seizures: Their Causes, Pathology and Treatment“. Nella seconda edizione, Sieveking suddivideva il trattamento in varie forme. Per il “parossismo acuto” dell’epilessia, egli raccomandava, per la prevenzione degli attacchi, la contro-irritazione attraverso fomentazioni con terebintenato o i sinapismi o l’applicazione di sanguisughe sulle tempia, l’applicazione di aria fresca, la compressione carotidea ed anche il galvanismo. Per il trattamento dell’epilessia in “fase cronica” raccomandava le legature alle estremità, la contro-irritazione (ad es. setoni, vesciche), la coppettazione a secco e l’estrazione del sangue (con vari mezzi), la trapanazione, il
trattamento morale, i purganti, i minerali tonici, l’acido nitro-muriatico, la genziana, il decotto di corteccia e l’acido solforico, oltre all’oleum morrhuae (in altre parole,
olio di fegato di merluzzo!), così come il bromuro, che pensava dare solo moderato beneficio, e lo ioduro di potassio per l’epilessia dovuta a sifilide secondaria ed avvelenamento da piombo.
varie terapie di fine ottocento
William Gowers è stato lo scrittore più celebre sulla terapia dell’epilessia alla fine del XIX secolo. Il suo superbo testo “Epilepsy and Other Chronic Convulsive Disorders” contiene cinquanta pagine sul trattamento dell’epilessia. Gowers considerava tutte le altre terapie come “aggiuntive” al bromuro, e criticava molti dei farmaci usati nella terapia contemporanea come di scarso valore.
arrivo del novecento
Nel 1907, il successivo personaggio di spicco nella terapia dell’epilessia, il neurologo inglese William Aldren Turner (1864–1945), pubblicò il suo celebre libro “Epilepsy: A Study of the Idiopathic Disease“. Questo era un testo che definiva il pensiero avanzato del tempo. Nel libro, egli considerava che solo alcuni farmaci erano di sicuro beneficio. La lista di questi prodotti includeva: Bromuro – principalmente sodio e potassio o la formula di Gélineau – altre formulazioni sintetiche (ad es. Bromipina, bromalina, bromocarpina) o sali (ad es. stronzio o ammonio), idrato di cloralio, Borace e Belladonna. Turner suggeriva, inoltre, al culmine di una crisi epilettica di praticare l’inalazione di cloroformio, indicando che niente avrebbe arrestato una crisi epilettica come questa tecnica.
Fine dell’egemonia del bromuro
Nel 1912, l’egemonia dei bromuri fu messa alla prova per la prima volta da un farmaco totalmente nuovo. Questo nuovo prodotto, composto nei laboratori della compagnia farmaceutica tedesca Bayer, era il ‘fenobarbitone‘ (conosciuto anche come fenobarbital e con il nome commerciale Luminal). Esso fu sintetizzato nel 1904, e fu unito ad un gruppo di barbiturici allora usato come sedativi e ipnotici.
il fenobarbital
Le sue proprietà antiepilettiche furono scoperte nel 1912 per caso da Alfred Hauptmann, un giovane psichiatra di origini ebraiche che lavorava nella clinica universitaria di Friburgo, che scrisse a riguardo un resoconto lungo e dettagliato intitolato “Luminal bei Epilepsie” (Il Luminal nell’Epilessia). L’importanza di questa scoperta non fu inizialmente ampiamente riconosciuta, in parte a causa della sua pubblicazione su un’oscura rivista in lingua tedesca e anche per le maggiori priorità mediche della guerra del 1914-1918. Tuttavia, nel 1920 il suo uso fu segnalato in Inghilterra e un anno dopo negli Stati Uniti. Fino al 1940 circa, il bromuro e il fenobarbital rimasero la prima linea farmacologica per l’epilessia, con ogni autorità scientifica che preferiva l’uno o l’altro. Nel 1952, venne identificato per la prima volta l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione del fenobarbital, rendendo possibile determinare nella pratica clinica la quantità serica. Ciò contribuì a migliorare enormemente la sua efficacia terapeutica.
Nel frattempo, nel 1924, Hans Berger, registrò il primo elettroencefalogramma umano.
La Fenitoina
All’inizio degli anni trenta, specialmente negli Stati Uniti, ci fu un nuovo interesse nel cercare nuovi farmaci per l’epilessia. Questi includevano l’uso di coloranti vitali – in particolare il rosso vitale brillante ed il blu metile – creando una nuova moda per questi trattamenti. La grande novità di questo periodo fu ovviamente la scoperta delle proprietà anti-epilettiche della fenitoina da parte dei ricercatori Tracy Jackson Putnam (1894-1975) ed Hiram Houston Merritt Jr. (1902-1979), che lavoravano per la compagnia farmaceutica americana Parke Davis, e che per la prima volta usarono un modello animale sperimentale per lo screening sistematico dei prodotti chimici nella loro azione anti-epilettica.
Il rapido successo della fenitoina
Nel loro modello animale, Putnam e Merrit inducevano delle crisi epilettiche attraverso delle scariche elettriche: la fenitoina mostrò essere la più rapida nell’interrompere gli effetti convulsivanti di queste scariche elettriche. Lo sviluppo clinico della fenitoina è stato incredibilmente veloce. Essa fu provata sperimentalmente per la prima volta nel gatto nel 1936. Entro l’agosto del 1937 vennero trattati i primi otto pazienti, ed il primo studio clinico fu riportato nel giugno 1938, mentre entro il settembre 1938 furono pubblicati i risultati su 200 pazienti. Nel 1939, il farmaco fu aggiunto all’elenco ‘New and Non Official Remedies list of the American Medical Association’, sulla base di 13 diversi studi su 595 pazienti in “pazienti epilettici che non beneficiavano del fenobarbital o dei bromuri ed in coloro in cui questi farmaci inducono spiacevoli effetti collaterali“.
alla ricerca di nuovi farmaci antiepilettici
Nei due decenni successivi alla scoperta della fenitoina, nuovi derivati chimici iniziarono ad essere esplorati su larga scala dall’industria farmaceutica in crescita, per la loro azione anti-epilettica. Putnam e Merritt selezionarono altri 700 composti, forniti a loro da Parke-Davis ed altre società, ed elencarono i risultati su 618 di questi prodotti chimici in un documento del 1945. Settantasei composti ricevettero una valutazione di 4+. Essi si raggruppano in sette categorie in base alla loro struttura: barbiturici, benzoxazoli, idantoine, chetoni e fenil-chetoni, oxazolidinedioni ed i composti fenilici con zolfo e fenil-glicole. Di questi farmaci, la fenitoina e altri quattro furono selezionati per la sperimentazione clinica. Nessuno degli gli altri quattro (5-fenil-5 isopropossimetilidantoina, etil-fenilsolfone, 5-metil-5-fenilidantoina, 5,5 difenileneidantoina) mostrò benefici clinici maggiori della fenitoina e così furono abbandonati dopo le prove iniziali. Tuttavia, altri 13 nuovi farmaci anti-epilettici furono introdotti nella pratica clinica nel periodo 1940-1958, da sei società farmaceutiche, cinque delle quali americane e la sesta, la ICI, dall’Inghilterra.
L’etosuccimide
Il decennio successivo, 1958-1968, fu il più produttivo della storia della terapia dell’epilessia terapeutica, ed in questi 10 anni vennero sviluppati tanti farmaci efficaci e nuovi.
Il primo fu l’etosuccimide (nome commerciale Zarontin, α-etil-α-metilsuccinimide), un farmaco che era molto simile nella struttura al fensuccimide ed al mesuximide che erano stati
introdotti da Parke-Davis negli anni precedenti; in questo senso
questo era un farmaco di vecchia scuola. L’etosuccimide fu concesso in licenza nel 1958 per il piccolo male, e rimane un farmaco di prima scelta ancora oggi.
Esso agisce bloccando il canale del calcio di tipo T a bassa tensione, un meccanismo che fu identificato solo nel 1984, circa 16 anni dopo la licenza.
la carbamazepina
Ulteriori sviluppi riguardarono farmaci originati quasi interamente dall’Europa e non dagli Stati Uniti, e che non erano derivati chimici di noti anti-epilettici. Il primo è stata la carbamazepina noto come “G32883“, un composto sviluppato nel settore farmaceutico della società svizzera Geigy nel 1953. La carbamazepina aveva una struttura triciclica, e fu studiata originariamente per la depressione e la psicosi e poi concessa in licenza per nevralgia del trigemino nel 1962. I suoi effetti anti-epilettici sono stati studiati clinicamente nel 1959 e riportati per la prima volta nel 1963. Il farmaco fu autorizzato come anti-convulsivante in Gran Bretagna nel 1965, poi in Europa e nel 1974 negli Stati Uniti. Il suo principale meccanismo d’azione, il blocco dei canali del sodio, non fu riconosciuto fino al 1983, anche se allora la carbamazepina (nome commerciale Tegretol) era il farmaco anti-epilettico più prescritto in Europa.
il sodio valproato
Il sodio valproato (nome commerciale Depakin) fu il successivo anti-epilettico ad essere introdotto in commercio. Il primo articolo dell’effetto anti-epilettico del sodio valproato fu pubblicato nel 1964. Esso fu scoperto per caso in un piccolo laboratorio della Francia dove il sodio valproato era usato come solvente per altri farmaci sperimentali, ma il suo potenziale fu rapidamente realizzato. Nel 1967 fu approvato in Francia per l’epilessia, e poi nei successivi anni in altri paesi europei (e nel 1976 negli Stati Uniti, sebbene inizialmente solo per le assenze). Il sodio valproato e la carbamazepina sono diventate da allora i farmaci anti-epilettici più prescritti in tutto il mondo. Il valproato è altamente efficace in molti tipi di epilessia, ed è stato riconosciuto presto per essere il prodotto di scelta nell’epilessia generalizzata idiopatica, ma è anche un farmaco con effetti avversi significativi, in particolare la teratogenicità.
le benzodiazepine
Un altro importante progresso nella terapia dell’epilessia è stata l’introduzione delle benzodiazepine negli anni sessanta del novecento. Il clordiazepossido (nome commerciale librium) è stato introdotto nella pratica clinica nel 1960 ed il diazepam (nome commerciale valium) nel 1963.
La monoterapia
L’enfasi sulla terapia a farmaco singolo (monoterapia) fu un influente cambiamento nella strategia del trattamento risalente alla fine degli anni ’70. La monoterapia è diventata fattibile, paradossalmente, a causa dell’introduzione di una più ampia scelta di nuovi farmaci efficaci, in particolare carbamazepina e valproato, e anche per l’adozione del monitoraggio terapeutico dei farmaci che ha perfezionato e migliorato il dosaggio individuale. Seguì rapidamente una marcata oscillazione dei protocolli di monoterapia nei pazienti con epilessia e la raccomandazione quasi universale di iniziare la monoterapia anti-epilettica nei nuovi pazienti. Alla fine degli anni ’80, le autorità di regolamentazione avevano iniziato a richiedere studi in monoterapia.
l’impatto della medicina molecolare
Nel 1997 sono stati segnalati per la prima volta gravi effetti collaterali visivi e il farmaco,
una volta ampiamente prescritto, è ora utilizzato in un numero molto piccolo di pazienti.
La Lamotrigina
Il gabapentin è stato sviluppato come analogo dell’Acido γ-amminobutirrico (GABA)per agire sul recettore GABA come GABA-agonista.
Il gabapentin
ultimi farmaci
vedi:
- “The Treatment of Epilepsy“; Fourth edition. “Historical Introduction
The Drug Treatment of Epilepsy from 1857 to 2015” di Simon Shorvon (Professor in Clinical UCL Institute of Neurology, University College London). - https://fr.wikipedia.org/wiki/Louis_Delasiauve
- “Sir Charles Locock and potassium bromide“, di MJ Eadie.
- https://de.wikipedia.org/wiki/Alfred_Hauptmann
- “The Legacy of Tracy J. Putnam and H. Houston Merritt: Modern Neurology in the United States“, di Henry J. Kaminski.
- “Henri Gastaut (1915–1995)“, di Golnoush Sadat Mahmoudi Nezhad e Behnam Dalfardi.