breve cronistoria del MONITORAGGIO CARDIACO IN ANESTESIA
La prima documentazione elettrocardiografica di aritmie cardiache verificatesi durante o immediatamente dopo anestesia con etere furono i report di J. D. Heard ed A. E. Strauss nel 1918 e Sam A. Levine nel 1920.
Due anni dopo, Levine in collaborazione con Lennox e Graves dimostrò la praticabilità del monitoraggio elettrocardiografico dei pazienti durante l’anestesia. Anche se le strumentazioni ed il metodo per ottenere tracciati erano primitive rispetto a quelli di oggi, il valore del monitoraggio fu mostrato non solo da questi ricercatori, ma anche da studi simili eseguiti nel corso delle due decadi successive. L’introduzione dell’elettrocardiografo con scrittura in tempo reale eliminò il ritardo associato al trattamento delle pellicole, ma non alterò l’impraticabilità della registrazione continua.
monitoraggio diretto durante l’anestesia
I pazienti studiati avevano patologie congenite cardiache con cianosi. Il primo strumento di registrazione continua che usava un display su uno schermo a raggi catodici fu introdotto da Aaron Himmelstein e Martin Scheiner nel 1952 alla Columbia University di New York. Esso era chiamato “cardiotachoscope”. Ogni battito appariva come una linea in movimento su uno schermo calibrato. La frequenza cardiaca era determinata dalla misurazione dell’intervallo tra battiti successivi. La registrazione permanente poteva essere ottenuta attaccando una penna al cardiotachoscope.
L’introduzione del monitoraggio continuo senza il bisogno di materiale cartaceo o fotografico fu acquisito come un valido strumento clinico durante l’anestesia.
monitoraggio continuo
Il suo uso divenne pressoché routinaria allorchè studi successivi misero in evidenza il verificarsi di disritmie ed ischemia miocardica sotto anestesia. L’articolo di T. H. Cannard nel 1960 e quello di P. H. Russell nel 1969 furono utili nell’allertare gli anestesiologi riguardo al verificarsi di vari tipi di disritmie. L’applicazione dell’elettrocardiogramma per individuare ischemia miocardica durante anestesia fu proposta per la prima volta da J. A. Kaplan e S. B. King nel 1976. Molti studi furono condotti dai ricercatori indipendenti tra loro per determinare l’incidenza ed i tipi di aritmia così come l’ischemia miocardica durante il periodo perioperatorio. Tali studi hanno mostrato che i periodi più rischiosi sono durante l’induzione dell’anestesia e subito dopo il risveglio.
riferimenti:
- “The History of Cardiology” di L. Acierno, 1994, cap. 24
- https://en.wikipedia.org/wiki/Samuel_A._Levine
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14894841
- http://anesthesiology.pubs.asahq.org/article.aspx?articleid=1971515