J. A. Fontaine e la prima sala operatoria iperbarica mobile
- A cura di Antonello Sanna (tecnico iperbarico)
EMPLOI CHIRURGICAL DE L’AIR COMPRIMÉParis, le 29 août 1879. A Monsieur le rêdacteur en chef de l’Union Médicale. [traduzione in italiano del dott. Concetto De Luca, con l’ausilio di Google Translate, 19 agosto 2023] Nella sua nota all’Accademia delle Scienze sull’anestesia con protossido d’azoto mescolato con ossigeno ed usata sotto pressione, nota che voi avete riprodotto, Monsieur Paul Bert annunciò che stavo facendo costruire una campana mobile per rendere facile e pratico il suo nuovo metodo. Affinché i vostri lettori possano apprezzare i dettagli e il modus agendi dell’anestesia sotto una campana di vetro, ho fatto incidere, a giustificazione dell’Union, un disegno che rappresenta il nuovo apparecchio ed i suoi accessori e, se mi consentirete, di darne una breve descrizione. Prima, però, vorrei precisare in poche parole il ruolo della campana nel nuovo processo. Il signor Bert, che chiama tensione di un gas il prodotto della sua proporzione centesimale in un dato spazio per la sua pressione, ha dimostrato che il protossido di azoto è anestetico solo quando la sua tensione è, al minimo, rappresentata dal numero 100. Quando questo gas viene inspirato puro a pressione ordinaria, la sua tensione è 100 (100 x 1 atmosfera = 100). È quindi anestetico; ma siccome sopravviene molto rapidamente l’asfissia, può essere impiegato solo per operazioni di breve durata. Quando è mescolato con ossigeno in una proporzione del 15% e sottoposto ad una pressione di un quarto di atmosfera, la sua tensione diventa 106 (85 X 5/4 di atmosfera = 106), si ottiene l’anestesia come prima; inoltre, l’ematosi (trasformazione del sangue da venoso in arterioso per assunzione di ossigeno che si verifica regolarmente; ndr), può essere utilizzata per operazioni a lungo termine. Se la pressione a cui è sottoposta la miscela gassosa è di mezza atmosfera, la tensione del protossido di azoto diventa 127 (85 X 6/4 di un’atmosfera = 127), l’anestesia avviene ancora più rapidamente, e la respirazione avviene in condizioni altrettanto buone, se non migliori, dal momento che nel secondo caso, la tensione dell’ossigeno aumenta parallelamente a quella del protossido di azoto. È quindi sufficiente aumentare la pressione, che può essere effettuata quasi istantaneamente, per aumentare la dose dell’agente anestetico. Nelle operazioni effettuate presso il mio stabilimento – attualmente ne conto 27: 23 di M. Péan, 3 di M. Hubert e 1 di M. Boucheron – le pressioni impiegate hanno oscillato tra i 18 e i 26 centimetri di mercurio, vale a dire tra un quarto ed un terzo di atmosfera supplementare. Abbiamo appena visto come, per la pressione, la campana riporti la tensione del protossido di azoto mescolato all’ossigeno a quella che era quando era puro. L’aria compressa della campana agisce comprimendo la sacca che contiene la miscela, cioè riunendo le molecole di questo gas separate dall’introduzione del gas aggiuntivo, l’ossigeno necessario per l’ematosi. Se la pressione a cui deve essere sottoposta la miscela gassosa fosse solo di 2 o 3 centimetri di mercurio, si potrebbe operare all’aria aperta; con gli apparecchi di Waulenburg, infatti, che utilizzo talvolta in concomitanza con le sedute pneumatiche per la cura dell’asma, si inspira aria compressa a un trentesimo di atmosfera e si espira aria ambiente. Ma qui, poiché la sovrapressione deve essere di almeno un quarto di atmosfera, ciò sarebbe assolutamente impossibile, le pressioni intrapolmonari e toraciche devono essere esattamente bilanciate. In sintesi, la miscela gassosa viene posta nella campana per renderla anestetica, e anche il paziente è obbligato ad essere posto lì in modo che possa respirare questa miscela senza pericolo. C’è un solo caso in cui la miscela gassosa del signor Bert potrebbe essere utilizzata senza l’ausilio della campana, e cioè in miniere molto profonde. Ci sono due pozzi, in Inghilterra, dove il barometro segna 90 e 92 centimetri; in caso di incidenti personali, i chirurghi potrebbero ottenere lì l’anestesia semplicemente respirando questa miscela all’aria aperta. Passo alla descrizione della campana mobile: Questo dispositivo, montato su di un mezzo di trasporto pesante formante con esso un corpo unico, è dipinto di bianco all’interno. Riceve luce attraverso dieci oblò, di cui quattro superiori illuminano direttamente il letto operatorio. È largo 2 metri, lungo 3,50 e alto 2,65 e può ospitare comodamente dieci o dodici persone. La campana in cui monsieur Péan operò per tre mesi, e nella quale portò con sé cinque o sei assistenti, non aveva un terzo della superficie utile di quest’ultima. La pressione può essere regolata sia dall’interno che dall’esterno, a piacere; in entrambi i casi un manometro metallico funge da guida. Accanto alla campana, vediamo su un carrettino: 1° Una pompa a braccia a doppio effetto (A), con pistone liquido, in grado di erogare da 400 a 600 litri di aria al minuto; 2° Un refrigeratore (B), posto nel percorso dell’aria aspirata dal corpo pompa, per evitare che la temperatura della campana salga più di 1 o 2 gradi sopra quella dell’aria ambiente. Durante l’inverno, questo frigorifero può essere sostituito da uno scaldabagno con serpentina immersa in acqua calda; 3° Un recipiente in lamiera (C), contenente 350 litri della miscela anestetica gassosa, compressa a 10 atmosfere (cioè 3 metri cubi e mezzo a pressione ordinaria); Sulle pareti della campana sono visibili due chiavi: la prima manovra un rubinetto collegabile con il recipiente sotto pressione (C) e con la sacca posta sotto il letto operatorio. Quando il sacco sta per essere svuotato, lo si riempie collegando i rubinetti mediante i tubi di caucciù che portano i loro tubulari; il secondo appartiene a un fischietto (F), per il controllo della squadra di pompaggio. La maschera utilizzata per l’anestesia è di caucciù; porta intorno alla sua periferia una bordo che può essere gonfiato a piacere e che permette di realizzare una tenuta perfetta; durante l’inspirazione, la valvola di espirazione è chiusa dalla pressione ambiente, sollecitata dal vuoto polmonare; durante l’espirazione questa valvola si apre e quella dell’inspirazione viene chiusa dall’eccesso di pressione del gas espirato rispetto a quella della miscela gassosa. Con questa campana si potrà operare in ospedali, case di cura e case private. Sarà sempre necessario portare il paziente in uno spazio apposito, ma sappiamo che ciò è possibile, con un letto ovviamente e con strumenti di trasporto adatti, calare un paziente da uno o più piani, senza fargli perdere la posizione orizzontale. Il nuovo anestetico ha innegabili vantaggi rispetto al cloroformio e all’etere, ma si obietterà che è ingombrante; questo è vero e questo al contempo non lo è: la città avrà bisogno degli strumenti appena descritti; ma, in ospedale, basterà una campana fissa. Già l’anno scorso, e prima che monsieur Paul Bert pubblicasse i suoi esperimenti, i signori Maurice Raynaud, Féréol e gli altri capi dipartimento dell’ospedale Lariboisière avevano chiesto alla Pubblica Assistenza l’installazione di una campana pneumatica (per la cura di asma, enfisema, bronchite cronica, anemia, ecc.). Non è lecito sperare che un nuovo uso dell’aria compressa, in chirurgia, accelererà il momento in cui questo apparecchio sarà installato negli ospedali? I chirurghi che utilizzano il metodo di Lister avranno interesse ad adottare il nuovo anestetico; invece di spruzzare acido fenico sulle parti della medicazione, sopra ed intorno al letto operatorio, cosa che è un processo approssimativo, essi potranno far respirare attraverso le pompe, sia per il riempimento preliminare dell’apparato, sia per la sua alimentazione durante l’operazione, dell’aria che è gorgogliata attraverso una soluzione fenica o altra soluzione, cosa che permetterà la messa in pratica radicale della teoria antisettica. Voglia gradire, Signor Redattore, i sensi della mia più alta considerazione.
Dott. J.-A. Fontaine, Directeur de l’établissement médico-pnenmatique de la rue de Châteaudun. |
J.A. Fontaine
Agli albori della medicina iperbarica uno degli studi più importanti fu quello condotto nel 1879 dal medico francese J. A. Fontaine. Egli concepì una sala operatoria all’interno di una camera iperbarica trasportabile pressurizzata con aria sino a 2 ATA (Atmosfere Assolute) per mezzo di un compressore ad azione manuale.
A quei tempi la principale causa di morte durante gli interventi chirurgici era dovuta alle infezioni causate dalle pessime condizioni igieniche nelle sale operatorie. J.A. Fontaine registrò oltre 20 interventi chirurgici in camera iperbarica eseguiti con successo; inoltre fu il primo a somministrare in ambiente iperbarico come gas anestetico il protossido d’azoto.
27 interventi chirurgici in camera iperbarica
Il medico francese dimostrò come nei pazienti operati in iperbarismo vi fosse una più rapida rimarginazione delle ferite e nessuna insorgenza di infezioni. Nella camera iperbarica pressurizzata con aria a 2 ATA, con la pressione parziale dell’ossigeno doppia rispetto alle naturali condizioni ambientali, si veniva a creare un ambiente asettico con un’azione batteriostatica e battericida contro l’insorgenza dei batteri anaerobi; inoltre le condizioni iperbariche favorivano un’efficacia più prolungata del gas anestetico.
J. A. Fontaine, forte del successo di questi interventi, si azzardò ad ideare un grande anfiteatro iperbarico per eseguire gli interventi chirurgici capace di ospitare 300 pazienti. Il progetto non venne mai realizzato. Il medico francese morì in seguito ad un incidente all’Établissement Médico-Pneumatique sulla Rue de Châteaudun di Parigi durante uno dei suoi esperimenti.
Note bibliografiche:
- Chandrasekhar Krishnamurti: “Historical Aspects of Hyperbaric Physiology and Medicine”
- L’Union médicale: journal des intérêts scientifiques et pratiques, moraux et professionnels du corps médical – N° 100 – Giovedì 18 settembre 1879, Troisième série, n° 28 (pagg. 445-448)
- Kewal K. Jain: “Textbook of Hyperbaric Medicine”, Chapter: “The History of Hyperbaric Medicine”
- Fontaine J.A. “Emploi chirurgical de l’air comprimè“. Unione Med. 1879; 28: 444-8
- https://www.midlandsdivingchamber.co.uk/index.php?id=history&page=6
- “5 A machine in the garden: the compressed air bath and the nineteenth-century health resort“, di Jennifer Wallis (Histories of Technology, the Environment and Modern Britain, 2018, pp. 76-100 (25 pages)