Jon J. van Rood, pioniere sui primi sviluppi del sistema genetico HLA
Il ruolo dei test di istocompatibilità nel trapianto è ben riconosciuto come uno dei migliori risultati, sia nel trapianto renale che di cellule staminali ematopoietiche, specialmente con donatori completamente HLA compatibili. La scoperta degli antigeni HLA come antigeni più importanti di trapianto e il loro ruolo nella risposta alloimmune è risultata cruciale per gli sviluppi che hanno portato all’applicazione, oggi, routinaria del trapianto clinico.
Uno dei pionieri in questo campo fu certamente Jon Joseph van Rood per aver svolto un ruolo fondamentale nei primi sviluppi sia nel campo dell’immunogenetica dell’HLA che nella sua applicazione nel trapianto clinico. Il suo team è stato in primo ad iniziare a svelare la complessità del sistema HLA umano attraverso studi collaborativi utilizzando pannelli di sieri e campioni leucocitari.
Jon J. van Rood
Utilizzando la tecnica della tipizzazione HLA di microlinfocitotossicità – complemento dipendente introdusse le prime trasfusioni piastriniche abbinate al sistema HLA.
Jon J. van Rood nacque il 7 aprile 1926 a Scheveningen, una cittadina situata sulla costa dei Paesi Bassi. Suo padre Albert era un ingegnere, sua madre una musicista mentre il suo patrigno Bob Bruyn un ritrattista.
Durante la sua prima infanzia, ebbe frequenti infezioni all’orecchio e molti ricoveri ospedalieri.
L’otite media di cui soffriva gli portò una sordità in un orecchio per tutta la vita e fu grazie a queste sue continue degenze in ospedale che decise di iniziare a 19 anni, dopo la maturità, i suoi studi di Medicina alla fine della seconda guerra mondiale presso l’Università di Leiden,
Nel 1957 dopo aver ottenuto la specialità in Medicina Interna venne nominato capo della “Leiden Blood Bank“.
CAPO DELLA BANCA DEL SANGUE
Quelli erano i giorni subito dopo l’introduzione della chirurgia a cuore aperto dove era richiesta una quantità di sangue senza precedenti e così incominciò a organizzare la “Banca del Sangue” reclutando un gran numero di donatori e migliorando approvvigionamento, dimostrando il suo talento per l’organizzazione e la capacità di manager altamente capace.
Infatti, questo nuovo spazio contribuì a farlo diventare uno zelante investigatore medico nel ruolo degli auto e allo anticorpi nella sopravvivenza piastrinica attraverso la relazione tra trasfusione e immunità ai trapianti.
ALLE FONDAMENTA della scoperta del sistema genetico HLA
Il suo studio, in quel tempo, dal titolo “Leucocyte grouping: a method and its application” sulla rivista scientifica Nature fu collocato, anche, come uno degli articoli più citati.
Questa sua serie di osservazioni chiave diventò la base stessa della scoperta del sistema genetico HLA. Indipendentemente, e nello stesso lasso di tempo, altri gruppi di ricercatori guidati dal francese Jean Dausset (Tolosa, 19ottobre 1916 – Palma di Maiorca, 6giugno 2009 – premio Nobel per la Medicina nel 1980) e dalla statunitense Rose Payne (5agosto 1909 – 18aprile 1999) fecero osservazioni simili usando approcci leggermente diversi.
La rapidità sorprendente con cui avvennero le scoperte nel campo degli antigeni HLA è soprattutto legata all’istituzione di un movimento di cooperazione scientifica a livello mondiale.
NUOVE SCOPERTE
La coordinazione, la standardizzazione delle tecniche, lo scambio e la revisione dei risultati e la definizione internazionale unificata degli antigeni HLA vennero ottenute mediante una serie di riunioni internazionali periodiche denominate “Workshop” nelle quali si confrontavano i risultati dei lavori compiuti in parallelo dai vari laboratori di istocompatibilità di tutto il mondo.
In questo contesto, van Rood insieme ad altri pionieri dell’HLA fornì un importante contributo presentando la prova dell’esistenza di altri gruppi di antigeni leucocitari oltre al sistema biallelico 4a e 4b scoperto nel 1958.
“DONAZIONI”
Nel 1967 rendendosi conto che, a causa dell’estremo polimorfismo del sistema HLA, la combinazione ottimale di donatore e accettore avrebbe potuto beneficiare di un gran numero di donatori oltre i confini geografici van Rood fondò l’Eurotransplant, la prima organizzazione internazionale a promuovere l’assegnazione di un organo donatore al ricevente meglio abbinato. Da allora, molte altre organizzazioni simili furono create in tutto il mondo.
Nel 1985, van Rood tra l’altro fu anche il Presidente fondatore della Federazione Europea di immunogenetica (EFI) e nel 1988 creatore di un registro di donatori di midollo osseo “Bone Marrow Donors World Wide (BMDW) “ e fondatore dell’Europdonor, oggi noto come Matchis, la banca olandese di donatori di cellule staminali.
SVILUPPO DELL’IMMUNOGENETICA e riconoscimenti
Compiuti i 65 anni, nonostante il suo pensionamento nel 1991, van Rood continuò ad essere sempre attivo nello sviluppo dell’Immunogenetica come disciplina della medicina e nel promuovere una nuova area di ricerca sul significato degli antigeni HLA materni non ereditati o NIMA e dell’ impatto dell’allattamento al seno sul sistema immunitario del bambino.
Infine, sebbene non abbia ricevuto il premio Nobel, egli ha però ricevuto molti altri importanti segni di riconoscimento internazionali per i suoi contributi scientifici nel campo dei trapianti allogenici e della trasfusione di sangue tra cui l’assegnazione nel 1977 del Premio Robert Koch e nel 1978 del Premio Wolf per la Medicina, insieme a George D. Snell (19dicembre 1903 – 6giugno 1996) e Jean Dausset.
Jon van Rood morì all’età di 91 anni, nell’estate 2017 mentre era in vacanza nella sua casa del villaggio di Lemmer nel nord-est dei Paesi Bassi.
Articolo del prof. Sergio Barocci
riferimenti:
- https://en.wikipedia.org/wiki/Jon_van_Rood
- https://www.facebook.com/SullaFisiologia/posts/2986240274951968
- “Jon van Rood: The pioneer and his personal view on the early developments of HLA and immunogenetics” di Martine J. Jager, Anneke Brand, Frans H.J. Claas (“Transplant Immunology“, Volume 52, February 2019, Pages 1-26)
- “LEUKOCYTE GROUPING. A METHOD AND ITS APPLICATION” di J J VAN ROOD e A VAN LEEUWEN (“J Clin Invest.” 1963 Sep;42(9):1382-90. doi: 10.1172/JCI104822.
- “Rose Payne, 89, Scientist Who Aided Transplants“, articolo di Eric Nagourney pubblicato il 27 aprile 1999 sul “The New York Times“
- https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1034/j.1399-0039.1999.540113.x
- “George D. Snell Biographical” dal sito nobelprize.org
- Bontrop R.E. et al. “Prof. Dr. Johannes Joseph van Rood (1926 – 2017)“. HLA 2017, 90: 201-210
Ho avuto la fortuna di conoscere l’olandese Prof. J. Van Rood durante gli anni della mia formazione in immunogenetica; la partecipazione ai congressi internazionali sull’argomento mi ha consentito di incontrare i padri dell’immunogenetica mondiale, da Van Rood e Cappellini, da Curtoni a Carbonara. Ricordo il Prof Van Rood come un appassionato velista, con un fisico asciutto e rude, con delle mani grandi più consone a un navigato uomo di mare che ad un raffinato ricercatore. Ruggiero Ceppellini invece lo ricordo soffiarsi il naso in modo fragoroso dopo essersi inavvertitamente seduto sul mio cappello a Firenze durante un congresso internazionale sull’Immunogenetica, negli anni 80 quando mi accostavo a questa branca. Dopo la specialità in Medicina Interna infatti avevo intrapreso lo studio dell’Immunologia e la immunogenetica ne era la diretta cugina. Cari ricordi che richiamano alla mente l’onore di aver conosciuto ed ascoltato scienziati di livello eccelso e i padri fondatori delle conoscenze mondiali attuali sulla immunogenetica. Col Prof. Curtoni invece ho interloquito direttamente durante il mio periodo di soggiorno all’ospedale Molinette di Torino, finalizzato proprio a approfondire le mie conoscenze sulle tecniche atte a diagnosticare l’istocompatibilità fra donatore e ricevente per fini di trapianto d’organo. Scelte impopolari le mie (i miei avrebbero gradito mi specializzassi in Odontostomatologia), ma ne sono felice perché rispecchiano da sempre i miei reali interessi.